La sfida per il Pd
L’editoriale di Cristiano Shaurli sul Messaggero Veneto, 12 settembre 2019
In Parlamento i due partiti che hanno ottenuto più voti alle ultime elezioni politiche hanno creato una nuova maggioranza e un nuovo Governo. Questa è la realtà, se superiamo analfabetismi istituzionali e letture di comodo della nostra Costituzione, se evitiamo tutti di esaltare o screditare parti.Prematura ma legittima la protesta di alcuni, prematuri i festeggiamenti di altri. Perché un nuovo governo non si giudica da volti o colori ma dai risultati che riuscirà a ottenere per il Paese e i suoi cittadini. La sfida per il Partito democratico è gigantesca e piena di insidie.
La speranza immediata è che un clima di odio e dileggio continuo lasci spazio al lavoro e al confronto, anche aspro, sulle questioni che riguardano l’Italia e i nostri territori. Ci saranno cesure e cambiamenti importanti, devono esserci. Il Paese deve ritrovare la sua umanità perché una politica che se ne frega di morte e sofferenza o che pensa la donna nei termini del decreto Pillon non può guidare uno Stato fondatore dell’Ue, la culla di cultura e civiltà che è l’Italia. Allo stesso tempo non dovremo muovere un passo indietro sulla sicurezza: superiamo gli slogan ma non il tema, iniziando dalle cose concrete, ad esempio dalle forze dell’ordine in carenza di personale e mezzi e dal contratto della Polizia scaduto da circa 250 giorni. Dovremo dare un segnale chiaro e immediato sui temi dell’economia, del lavoro e dello sviluppo, superando politiche meramente assistenzialistiche e di facile consenso: si tagli subito il cuneo fiscale ovvero le tasse sul lavoro a diretto beneficio di imprese e lavoratori. Ma serve anche il coraggio di pensare in prospettiva, a un “new deal” per le nuove generazioni, fatto di investimenti in ricerca e innovazione, alimentato da un’Università non ingessata dalle baronie e pronta a puntare su energie fresche.
Il superamento dell’isolamento internazionale è già adesso un vantaggio per l’Italia, ma sarebbe sbagliato accontentarsi di ricevere un “aiutino”. L’Italia deve essere centrale per proporre un nuovo modello di Ue, che sia percepito come motore di crescita e benessere non solo come vincolo o limite. Fallire questa sfida significa aprire al contagio di nazionalismi ancor più pericolosi. I governi vengono giudicati per questo: se il Paese crederà in nuove opportunità, nell’offerta di un sogno possibile e di una visione migliore del proprio futuro, forse passerà anche la sbornia sovranista. Potremo superare i populismi anti-sistema se saremo capaci di unire responsabilità e serietà amministrativa con scelte nuove e radicali. Sfide difficili, al cui elenco ne voglio aggiungere una in più: la questione settentrionale. Concetto carsico nel suo ciclico riapparire, spesso abusato, eppure quantomai attuale. Sfrondata da opportunismi, declinazioni campanalistiche o peggio secessionistiche, la questione settentrionale è lì ad attenderci: il nord, e il nord-est, non possono accontentarsi di essere semplificati come la “parte produttiva del Paese” perché competitività e relativo benessere non possono farci dimenticare criticità e necessaria rappresentanza.
Non è questione di poltrone e ruoli, e infatti auguro buon lavoro al ministro Patuanelli, riconosciuto come interlocutore serio e preparato. Ma dobbiamo avere la consapevolezza che su questo terreno ci giochiamo una buona quota della spinta realmente riformatrice del nuovo Governo. Cosa c’è in gioco? L’autonomia virtuosa voluta dal centrosinistra che va ancora perseguita, le infrastrutture fondamentali per le prospettive e la centralità del nostro territorio, l’innovazione digitale su cui accelerare, l’alta formazione, la ricerca e il trasferimento tecnologico su cui qui lavora un numero senza eguali di ricercatori, l’export e la semplificazione burocratica e fiscale fondamentali per le nostre imprese: sono i temi su cui dovremo costruire ascolto, confronto e interlocuzioni costanti. Sono i temi su cui ci giochiamo non il futuro di un Governo ma il futuro del nostro territorio, sono i temi su cui il Partito democratico deve stare con forza e autorevolezza. Sono i temi su cui il Partito democratico del Friuli Venezia Giulia, anche nel rapporto con Roma, non deve accontentarsi di essere cassa di risonanza ma esercitare, se serve, la sua forza e autonomia.