Coronavirus: più unità e meno proclami *
Shaurli: basta vestirsi da “uomini forti”
Non è solo il momento dell’unità, termine abusato da chi lo cita e poi subito lo disperde in distinguo. È il momento dell’umiltà, della responsabilità e della capacità di darsi delle priorità per oggi e per domani. È il momento che ognuno si occupi dei suoi compiti, di ciò che deve fare senza inventarsi statista di periferia. Non ci sono primazìe da rivendicare: c’era chi gridava “aprire tutto, ripartire” e chi faceva aperitivi, c’era chi si inventava slogan come “Fvg aperti per ferie” e chi non voleva chiudere le scuole. Ora è il momento di scegliere se sia più importante rilanciare slogan di partito o dare risposte ai cittadini. Ricordare il “dovevamo chiudere i confini” è inutile se non ridicolo: ci hanno provato in tanti anche nei nostri confronti, ci hanno ferito mentre si sentivano scioccamente immuni, e non hanno ottenuto assolutamente niente, perché il virus non si ferma alla sbarra. L’unico confine da “chiudere” era forse il Lombardo-Veneto ma ce l’ha impedito una solidarietà nazionale che fortunatamente ancora esiste.
Ora possiamo continuare a vestirci da “uomini forti”, facendo ordinanze su tutto, ci competa o no, e magari inventandone una nuova ogni giorno. Oppure possiamo cominciare a mettere in fila le priorità vere, quelle che ormai qualsiasi persona di buon senso ha capito, anche se aveva magari sottovalutato questa epidemia.
Perché in queste settimane andavano fatte alcune cose e, se non sono state fatte, ora sono l’unica urgenza: nuovi posti di terapia intensiva, dispositivi di protezione anche con acquisti regionali diretti come consentito, velocità su tutto il territorio nell’analisi dei tamponi, coordinamento con chi sta sui territori ogni giorno, dai sindaci al sistema della protezione sociale fondamentale per le nostre comunità, autorevolezza nei dirigenti sanitari per indirizzare e aiutare chi lavora nella nostra sanità pubblica o nelle case di riposo, risposte chiare a cittadini e imprese.
Già questa è impresa titanica, che non chiede “eroi” solitari ma l’impegno della comunità intera. Nemmeno basterà, perché poi arriverà la “ricostruzione” e per fortuna arriverà. Sarà il momento in cui di nuovo si dovrà scegliere fra giocare a chi la spara più grossa o invece con coraggio darci priorità, anche rinunciando – vale per tutti – a cercare solo il consenso politico. Perché solo a fare un esempio, la sanità pubblica che tutti ora lodiamo, la paghiamo con le nostre tasse. Per ognuno di noi significa rinunciare a qualcosa. Rinunciare a bandierine da piantare, siano telecamere o progetti di inclusione, per concentrare ogni risorsa disponibile e ogni stilla di energia nella salvaguardia e nel rilancio della nostra economia e dei posti di lavoro. Molti pensano, erroneamente, che questo virus non guardi in faccia nessuno, che nella sua drammaticità abbia livellato la nostra società. Invece rischia di acuire ancor più le differenze tra i “fortunati” e chi, già fragile, rischia di finire alla deriva. La nostra storia ci ha insegnato che le fabbriche vengono prima delle chiese ma non dimentichiamo mai che è la coesione di una comunità, la capacità di lavorare insieme e di non lasciare nessuno indietro che ha fatto e potrà fare, ancora, la differenza.
*Intervento del segretario regionale Pd Fvg Cristiano Shaurli, pubblicato sul Messaggero Veneto del 23 marzo 2020.