9 Maggio: il filo del senso tra Europa, Moro e Impastato
SHAURLI: ANNI DI PIOMBO E DI SEGRETI, DI SOGNI E DI PASSIONI
Il 9 Maggio opinionisti e social sono in difficoltà. Devono decidere: prima la giornata dell’Europa, prima il ricordo di Aldo Moro o quello di Peppino Impastato. Foto drammatiche di Via Caetani, lo spirito della Ceca, 100 passi dalla casa del boss mafioso. Mettere insieme tragedie, storie personali e scelte istituzionali non solo è difficile ma rischia di diventare forzato, pretestuoso forse vanitoso. Eppure un filo che lega questa drammatica e straordinaria giornata si intravede.
Se non ci fermiamo alla tragica fine di Aldo Moro ma ci prendiamo del tempo e rileggiamo i suoi discorsi sull’Europa, troveremo pensieri lunghi, articolati, difficili, ma visionari e capaci di guardare lontano. Se Peppino non diventa solo una bella canzone, ma resta un giovane giornalista che sapeva di rischiare la vita per legalità, diritti e un futuro migliore per la sua terra. Se la Festa dell’Europa non è solo la data di un patto economico ma la riflessione su una guerra con milioni di morti. Se ‘Europa’ è il ricordo di migliaia di italiani nelle miniere, ammassati in baracche che erano campi di prigionia; se è la consapevolezza che allora eravamo noi gli sconfitti e i migranti, che spesso eravamo noi a spaventare e a subire il razzismo; se è la memoria che spesso eravamo noi a esportare, certo, braccia forti alla ricerca disperata di futuro ma anche quella criminalità organizzata che Peppino combatteva.
Se siamo capaci di raccogliere il senso di tutto questo, un filo si ritrova e ci guida.
Sono passati molti anni. Moro era uno statista che avrebbe migliorato il nostro Paese, Peppino un militante coraggioso che avrebbe continuato a combattere mafia e Istituzioni compiacenti. L’Europa è cresciuta, ci ha fatto festeggiare caduta di confini e totalitarismi ed ora ci fa dubitare di lei. Erano anni difficili, di piombo, di stragi e di segreti ma erano anni di impegno, di sogni e passioni, di statisti autorevoli che mettevano al centro il proprio Paese, erano anni di persone e di Comunità che sognavano e lavoravano per un futuro migliore.
Oggi che dobbiamo affrontare una nuova drammatica situazione, oggi che qualcuno pensa di nuovo alla ‘Liretta’ o a richiudersi in confini sempre più piccoli, ci soccorrono le parole di Moro del 1964, sì di 55 anni fa. Ci dicono quanto manca quella politica, quanta strada abbiamo ancora da fare e che sfide ci aspettano: ‘in un mondo che si muove nell’ambito dei grandi spazi sarebbe un controsenso che rimanessero attaccati a gretti egoismi nazionali gli europei che si sono così spesso posti all’avanguardia dei grandi movimenti di rinnovamento umano’.
Cristiano Shaurli