Ucraina: pieno sostegno a Governo Draghi
DICHIARAZIONE DI VOTO DI SERRACCHIANI SULLA RISOLUZIONE IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO, DOPO LE COMUNICAZIONI DEL PREMIER DRAGHI
Signor Presidente,
Signor Presidente del Consiglio,
Colleghe e colleghi,
il gruppo del Partito democratico voterà a favore della risoluzione della maggioranza con convinzione sia per gli importanti obiettivi ed impegni in essa contenuti già ricordati dai colleghi Madia e De Luca sia perché, in questo momento tanto decisivo e drammatico – direi storico – riteniamo che debba essere chiaro – anzi chiarissimo – dentro e fuori i confini nazionali che lei, signor Presidente ed i suoi ministri, avete il sostegno pieno del Parlamento che condivide ogni vostro atto, ogni vostra decisione, ogni vostra parola usata per condannare l’aggressione premeditata ed ingiustificabile della Russia ai danni di un paese sovrano, per costruire le condizioni perché questa catastrofe umanitaria possa essere arrestata, per fermare questa corsa all’indietro della storia e della civiltà.
Mi consenta Signor Presidente di dire prima di tutto con nettezza che il ministro Guerini ha non solo la nostra solidarietà ma il nostro abbraccio affettuoso e riconoscente. Contro di lui il governo di Mosca ha usato espressioni ignobili, è ricorso ad intimidazioni penose. A lui ed alle nostre forze armate ribadiamo, solennemente, il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine.
Del resto non è la prima volta che veniamo minacciati.
E’ capitato anche a noi, deputati e senatori. Quando con una lettera dell’ambasciatore russo a Roma, qualche settimana fa, ci è stata recapitata una dichiarazione del ministro Lavrov che ci informava del <pericolo delle conseguenze> per le decisioni che stavamo prendendo, noi e gli altri parlamenti d’Europa, sulle sanzioni verso Mosca.
Non si ha paura se si difende la verità.
E la verità, di questa immane tragedia che insanguina l’Ucraina da quasi un mese e che ha provocato migliaia di morti di cui – almeno – 117 bambini come il piccolo Kirill e la piccola Paulina, è che esiste un aggredito ed un aggressore, esiste un invasore ed un popolo che si è fatto esercito, che difende la propria libertà, le proprie case, la propria vita.
Ed io voglio dire qui, oggi, che attendo con ansia che quel popolo, quel Paese diventino presto, molto presto, membro dell’Unione europea, così come velocemente dobbiamo riprendere, come Lei ricordava, il dossier “Balcani Occidentali”, e non deludere le aspettative dei Paesi che aspirano all’adesione e che da tempo stanno ottemperando all’agenda delle riforme richieste.
Esiste, signor Presidente, un carnefice ed una vittima.
Un carnefice ed una vittima.
Questa è la verità.
E noi italiani, insieme a tutti i paesi dell’Unione ed ai nostri alleati, non ci siamo voltati e non ci volteremo dall’altra parte
Abbiamo deciso, con il decreto legge Ucraina approvato proprio la scorsa settimana, di sostenere con ogni mezzo la resistenza del popolo ucraino prevedendo – nel pieno rispetto della nostra Costituzione, dell’art. 51 della Carta dell’Onu e in sintonia con la risoluzione votata dal Parlamento europeo il primo marzo – anche l’invio di armi e strumentazione militare – e voglio ringraziare tutti i colleghi e le colleghe del mio gruppo perché so quanto ad alcuni di loro sia costato – così come abbiamo condiviso le sanzioni economiche, senza precedenti per qualità ed estensione. Ed abbiamo apprezzato decisioni tempestive di aiuto concreto come quelle del Ministro Franceschini.
Sapevamo che purtroppo, mettendo in ginocchio l’economia russa, queste sanzioni avrebbero colpito le condizioni di vita del popolo russo come sta avvenendo nonostante le trionfali adunate putiniane in cui lo Zar non ha ritegno neppure a piegare il Vangelo ai suoi disegni di oppressione e morte.
Ma l’alternativa alle sanzioni è la guerra. E solo menti folli possono pensare che sia una strada percorribile.
Così come penso sia immorale e opportunistico chiedere comodamente dal salotto di casa agli ucraini di arrendersi, di alzare le braccia davanti all’aggressore, sacrificando la propria libertà, perché così si risparmierebbero vite umane.
Oggi in quest’aula voglio esprimere, a nome del mio gruppo ma sono sicura di tutti noi rappresentanti del popolo italiano, il riconoscente omaggio al coraggio dei tantissimi russi – giovani, anziani, donne, studenti, giornalisti, insegnanti, operai – che manifestano contro la guerra voluta da Putin rischiando fino a 15 anni di carcere, pestaggi, gravi violenze fisiche e sparizioni.
Il popolo russo vuole la pace. Le pretese neo imperialiste, giustificate col catalogo di bugie sull’Europa e l’Occidente, resuscitano posture e ambizioni da impero zarista che sono tutte nella testa di chi da 22 anni siede al Cremlino, ma non appartengono alla gente che a Mosca o a San Pietroburgo o nelle altre grandi e piccole città di quello sterminato e bellissimo Paese vive, studia, lavora, va al teatro o al cinema, segue lo sport o la musica esattamente come noi ed esattamente come faceva anche il popolo ucraino fino a meno di un mese fa.
E invece, per colpa di Putin, madri piangono i propri figli morti in una guerra che non volevano.
Noi vogliamo la pace.
Noi vogliamo che questa guerra cessi. Che tacciano le armi. Che le bombe non cadano più sugli ospedali, gli asili, i condomini, i rifugi di fortuna, i teatri e sulle persone in fila per un pezzo di pane.
Sappiamo che la via è quella negoziale e, signor presidente, sosteniamo ogni azione del governo che vada in questa direzione.
Il Consiglio europeo di domani e dopodomani – credo – sia tra i più importanti della storia dell’Unione.
Ha detto bene nei giorni scorsi il Commissario Paolo Gentiloni: questo è <un esame di maturità> per l’Europa.
Dallo scoppio della guerra l’Unione ha saputo rispondere con unità, determinazione, rapidità. Non c’è stata quell’incertezza che, invece, si registrò nelle prime settimane dell’emergenza Covid.
Questa volta non è stato così.
L’Europa di oggi non è più quella dell’austerity, delle regole di bilancio prima di tutto, degli egoismi nazionalisti. Ne è prova anche l’attivazione della direttiva sulla protezione temporanea dei profughi sbloccata dopo quasi venti anni e che sarà certamente di aiuto a chi fugge da quel martoriato Paese. Gli organismi internazionali ci dicono che ad oggi sfiorano i quattro milioni quelli che sono scappati: pensate, come se d’improvviso città come Roma e Milano si svuotassero. E gli sfollati dalle città distrutte dalle bombe, come la martirizzata Mariupol arrivano a dieci milioni.
Si dovrà decidere, a Bruxelles, su approvvigionamento energetico e difesa comune, progetto, quest’ultimo, che l’intelligenza da statista lungimirante di De Gasperi aveva posto già all’ordine del giorno, purtroppo con esito sfortunato, agli inizi degli anni cinquanta del secolo scorso.
Le indicazioni della Dichiarazione di Versailles dell’11 marzo e l’adozione, lunedì, della Bussola strategica sono elementi incoraggianti. Solo l’integrazione, solo l’abbandono di 27 diverse politiche energetiche, estere o di difesa può consentire all’Europa di superare quell’esame di maturità e di mostrare al mondo intero di aver compreso la lezione, di aver capito che non basta più essere un gigante economico per riuscire a svolgere quella missione di faro della pace, della democrazia, del multilateralismo che è nei pilastri etici e culturali della Comunità continentale nata dalle macerie del secondo conflitto mondiale.
<Il problema – rammentava David Sassoli – è che spesso l’egoismo delle nazioni, un cattivo sentimento nazionalista, impedisce di dispiegare le nostre potenzialità e manifestare la nostra profonda identità>. Ma, è ancora il nostro caro David a parlarci il giorno della sua elezione a presidente del Parlamento europeo con un tweet che citava Aldo Moro: “si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà, si tratta però anche di essere coraggiosi e fiduciosi”.
Coraggiosi e fiduciosi.
E noi vogliamo esserlo.
Noi, signor Presidente, affidiamo a Lei ed al governo questo compito che, certamente, non si esaurisce nei due giorni di Bruxelles.
L’Europa si costruisce con le sue crisi, ammoniva Jean Monnet.
Io mi permetto di sperare che assumendo decisioni sulle forniture di energia, sulle politiche di sicurezza e di difesa non si abbiano dinanzi agli occhi solo questioni tecniche, per quanto importanti ed urgenti, ma si operi come in uno “spirito costituente” per continuare la costruzione di quella casa comune degli europei le cui mura si chiamano libertà, democrazia, pace, giustizia, cooperazione, diritti.
Signor Presidente, colleghi,
questa folle guerra sta condizionando negativamente la fase di ripresa delle economie dopo il crollo del 2020 dovuto alla pandemia. Il mix di stop alla ripresa, costi insopportabili dei carburanti dovuti ai rincari e accelerazione dell’inflazione peserà su imprese e famiglie.
Noi democratici crediamo che occorra, insieme ai provvedimenti di sostegno interno, agire a livello europeo su vari fronti tra cui il prolungamento della sospensione del Patto di stabilità, la previsione del tetto del prezzo del gas e poi il cambiamento di alcune regole come quella della unanimità a tutti i costi e del diritto di veto. Siamo certi del suo impegno e del governo su questi fronti.
Mi avvio alla conclusione.
Va avanti da anni, nelle nostre società aperte, guidate da istituzioni liberaldemocratiche, una discussione sull’arretramento della democrazia, sulle incrostazioni di strutture e procedure che hanno allontanato la passione, la partecipazione di grandi fette della società. Parallelamente è cresciuta l’adesione per proposte semplificatrici di tipo populista che non di rado trovavano il loro perno nell’identificazione dell’uomo forte, perfino nell’esaltazione della decisione singola, autoritaria, indiscussa.
Io penso che negli ultimi decenni, e forse proprio in coincidenza con il crollo del muro di Berlino e con quella che è stata indicata come la “fine della storia”, nei Paesi democratici siano stati commessi non pochi errori, per presunzione, per pigrizia, per mancanza di coraggio. Ma penso anche che queste istituzioni, per quanto da rivitalizzare e rafforzare, siano un bene prezioso, da tutelare senza cedimenti per impedire che si faccia strada, all’interno delle nostre società libere, il convincimento che tra i nostri valori e quelli delle cosiddette autocrazie non ci sia alcuna differenza.
Io penso che, oggi, ci sia anche questa questione sul terreno e che, anche per questo, è necessario che la nostra lotta per la libertà, la pace e i diritti sia determinata e rigorosa.
Spero che abbiamo imparato dagli errori del passato, anche della nostra storia più orribile del novecento. Se è cosi, oggi sappiamo che ci sono atti che hanno conseguenze ma che, ad assistere inerti mentre un autocrate commette un crimine contro un popolo libero e amico, si paghi un prezzo più alto. Si perdono dignità, credibilità, onore e soprattutto si lascia credere che il crimine paga, che gli stati si possono conquistare, che si possono commettere stragi, che possiamo essere piegati anche noi, che non difenderemo i nostri valori e la nostra libertà. No. Non faremo questo errore.
Prendiamo decisioni gravi, difficili, anche sofferte. Ma abbiamo un bene troppo prezioso da difendere, 70 anni di pace e democrazia, e lo difenderemo.
A Kiev proprio come ci ha ricordato ieri il presidente Zelensky, si sta difendendo la democrazia, anche la nostra democrazia.