Economia: produzione e servizi nodi dello sviluppo
IL CONTRIBUTO DI MAURIZIO IONICO SUL MESSAGGERO VENETO
Attrarre investimenti e rafforzare le catene regionali del valore rappresentano due fattori essenziali per assicurare struttura allo sviluppo economico locale e migliorare le condizioni economiche di imprese e dei lavoratori.
Di questo si sta parlando nell’importante appuntamento “Selecting Italy” organizzato dalla Conferenza delle Regioni per promuovere la visibilità e le potenzialità del territorio italiano.
Ci si chiede come accrescere la competitività delle singole strutture produttive e del sistema per determinare impatti su investimenti e catene del valore.
Il Ministro dell’Economia Giorgetti ha insistito sulla correzione delle criticità, in primo luogo quelle relative a norme e burocrazia che, per una parte, influiscono sul costo del lavoro e sugli stipendi.
Il rafforzamento delle catene regionali del valore, in particolare per una realtà come il Friuli Venezia Giulia caratterizzata da una forte manifattura posizionata sui mercati internazionali e dall’essere spazio di intersezione tra l’Europa, il Mediterraneo ed il Med e Far East, richiede una decisa accelerazione dell’innovazione tecnologica e digitalizzazione, da un lato, e la creazione di un ecosistema logistico fortemente interconnesso con l’industria, dall’altro.
Queste due dimensioni della produzione e dei servizi rappresentano gli ambiti su cui intervenire con lungimiranza e incisività anche perché sono quelli maggiormente esposti alle dinamiche geopolitiche globali che, nel nostro caso, hanno influito sulla diminuzione dell’export del 13,7% su base annua (-8,1% al netto della produzione di navi) e dei traffici (del 31% nelle rinfuse solide e del 3% nei contenitori). Anzi e proprio per questo vanno ulteriormente accresciute le loro capacità competitive e di produzione di valore aggiunto.
Serve in primo luogo una politica industriale che permetta: a) a larga parte del patrimonio produttivo manifatturiero di diventare un “faro” dal punto di vista dell’innovazione (ora, solo una parte è in queste condizioni, diciamo circa 500); b) la costruzione di filiere (il 93,4% delle 97.906 imprese è microscopico e un altro 5,8% sono piccole; proprio le relazioni di filiera favoriscono il posizionamento internazionale, la diffusione e l’intensità di utilizzo delle tecnologie innovazione permettendo la crescita della produttività del lavoro del 21% e della competitività di costo dell’8%); c) la qualità del lavoro e la copertura dei profili professionali (in questo momento mancano 9.000 competenze tra cui molte di elevato livello).
Uno contributo può giungere dalla concreta applicazione della Sustainable Smart Specialization Strategy S4, quella strategia di specializzazione che rappresenta la “condizione abilitante” da soddisfare durante l’intero ciclo di programmazione 2021 – 2027, per l’attivazione dei fondi relativi all’Obiettivo definito “Un’Europa più intelligente, attraverso la promozione di una trasformazione economica intelligente e innovativa”.
Dall’altra parte, questa Regione ha la necessità che i TEM (corridoi ferroviari merci tra le Alpi ed il mare), il Corridoio 1/Baltico Adriatico e Corridoio 3/Mediterraneo siano oggetto di confronto nell’ambito dell’UE dopo l’accordo provvisorio tra gli Stati, diversamente da quanto è avvenuto nel corso degli ultimi anni dove la capacità di incidenza del nostro Paese è apparsa del tutto residuale.
In un mondo contemporaneamente interdipendente, disordinato e conteso, l’Italia ha la responsabilità di stabilire relazioni intense con il Mediterraneo e la sua ritrovata centralità globale, mentre alle Regioni come il Friuli Venezia Giulia viene richiesto di fornire contenuti strategici allo spazio di intersezione anche ri-orientando i programmi di Rfi che, nel nostro caso e ad eccezione del porto di Trieste, sono sin troppo dilatati nel tempo. Forse nel 2027 verranno aperti i cantieri sulla Trieste – Venezia e ancora più in là quelli relativi alla Cervignano del Friuli – Udine. Eppure, rappresentiamo uno dei canali di connessione del Paese con l’Europa e il nostro sistema produttivo per competere ha la necessità di disporre di infrastrutture in grado di sostenere treni di lunghi almeno 800 mt e della portata di 2.000 ton.
Le reti sono importanti, si sa, ma da sole non servono se parallelamente non si realizzano investimenti secondo logica di risultato e se la manifattura non si avvale di trasporti e servizi ad elevata resa e sostenibili.
È essenziale promuovere un progetto pubblico di ampia portata a supporto della manifattura, delle economie locali e delle filiere interne e nazionali, attraverso la costituzione di un’unica governance dell’ecosistema logistico ed industriale che permetta il recupero di 3, 4 mld/anno, normalmente persi in virtù delle competizioni interne e delle inefficienze, e abbassare i costi di trasporto di 1 €/ton.
In questo senso non servono “cabine di regie” tra le diverse componenti della logistica regionale. Si tratta, invece, di organizzare compiutamente un sistema territoriale in continua trasformazione costituendo più forti interconnessioni ed integrazioni tra manifattura, servizi innovativi alla produzione (kibs), infrastrutture di trasporto e servizi di logistica al fine di incrementare l’accessibilità ai mercati (interno, globale) ed elevare le capacità competitive ed attrattive dell’economia regionale.
Attorno all’Autorità di Sistema Portuale vanno, in pratica, messi in relazione i porti, gli interporti, i centri merci, gli scali ferroviari e le zone industriali in qualità di soggetti che intervengono nella gestione dei traffici e nello svolgimento di operazioni complesse ed eterogenee.
È un modo per promuovere, sulla base della reciprocità delle rappresentanze in ognuna delle strutture coinvolte nel processo, l’integrazione dei fattori della produzione logistica e proporre prodotti e soluzioni competitive alle imprese manifatturiere, orientate al mercato interno e posizionate sul mercato globale, sia organizzate attorno consorzi di sviluppo economico e distretti sia distribuite territorialmente.
La costruzione di un ecosistema logistico e manifatturiero interconnesso comporta, di riflesso, il cambiamento di alcuni tradizionali paradigmi.
Vale in primo luogo per la gestione dello spazio, spesso considerato una commodity territoriale cui assegnare la mera funzione di agevolare quanto più possibile le merci nel loro processo di creazione nell’attraversamento dei luoghi e nel transito lungo le direttrici e hub funzionali. Questo approccio configura il territorio come nastro trasportatore strumentali alla produzione di ricchezza di altri.
L’idea dell’ecosistema influisce a tutti gli effetti sull’opera di ricomposizione della divisione spaziale del lavoro e dei rapporti di produzione e, con esse, assegna qualità e intensità delle interazioni tra i diversi contesti con la produzione industriale ed i flussi materiali di merci, nello scenario della post – pandemia e dei nuovi crocevia della globalizzazione.
Maurizio Ionico
urbanista, ricercatore