1 Ottobre 2008

Salva l’Italia. Le tasche degli Italiani

Oltre 14 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese e, di questi. 7,3 milioni guadagnano meno di 1.000 euro

L’inflazione reale è oltre il 4%;

… ma il governo la fissa all’ 1,7%

le retribuzioni cresceranno solo del 2%

chi non arriva a fine mese

Le famiglie faticano ad arrivare a fine mese:

  • L’inflazione reale è superiore al 4%;

  • Il governo fissa il tasso di inflazione programmata al 1,7%;

  • quindi le retribuzioni cresceranno solo, del 2% annuo (dati Dpef);

  • I prezzi al consumo sono in continuo aumento (agosto 2008 + 4.1% rispetto ad agosto 2007);

  • il 14,6 % delle famiglie arriva con grande difficoltà a fine mese;

  • il 28,4 % non riesce a far fronte a una spesa imprevista;

  • il 9,3 % ha un arretrato nel pagamento delle bollette;

  • il 4,2 % non ha soldi per le spese alimentari;

  • il 10,4% non ha soldi per le spese mediche.

una scelta sbagliata

il problema del carovita e dei redditi bassi

la mancata restituzione del fiscal drag

chi pagherà i costi della Robin Hood tax

E il governo Berlusconi cosa fa?

Abolisce I’Ici (già eliminata per i redditi bassi dal governo Prodi) mentre con le stesse risorse poteva garantire a chi ha la pensione minima un aumento del potere d’ acquisto di circa 400 euro l’anno (800 euro se il nucleo familiare è di due pensionati);

detassa gli straordinari e i premi aziendali per una parte dei lavoratori ma non affronta il problema del carovita., dei redditi e delle pensioni basse che riguarda milioni di famiglie;

non restituisce ai cittadini l’aumento delle imposte dovuto all’inflazione (fiscal drag);

affronta il problema della perdita del potere d’acquisto delle famiglie con la social card del valore di soli 400 euro annui finanziata con un fondo di appena 260 milioni di euro e con la Robin Hood tax. tassa su petrolieri e banchieri, i cui costi ricadranno comunque sulle famiglie (con l’aumento del costo del carburante e servizi bancari).

Dalla parte dei lavoratori e dei pensionati:

le proposte del Partito Democratico

  • Aprire con le parti sociali un tavolo di concertazione sui temi fiscali; cancellare il tasso di inflazione programmata fissata all’ 1,7%, che rappresenta la pianificazione della perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni a fronte di un’inflazione media reale del 4%. Questo tasso va innalzato al livello che verrà definito dalle parti sociali al termine della trattativa in corso sul rinnovo del modello contrattuale;

  • diminuire la pressione fiscale sulle retribuzioni medio basse (fino a 30 mila euro lordi annui) scegliendo tra detrazioni fiscali, revisioni delle aliquote Irpef o restituzione del drenaggio fiscale. Tale impostazione dovrebbe, nell’arco del prossimo triennio, prevedere un effetto progressivo di minor prelievo fino a 100 euro mensili (all’incirca il valore del rinnovo di un contratto di lavoro). Reintrodurre il reddito minimo di inserimento, anziché la social card indicata dal governo;

  • aumentare le detrazioni fiscali e unificare l’assegno al nucleo familiare in un unico istituto di sostegno ai redditi delle famiglie, in particolare quelli bassi;

  • eliminare il gap retributivo tra le lavoratrici e i lavoratori

  • indicizzare le pensioni ed estendere progressivamente la quattordicesima (già erogata nell’ottobre 2007 e nel luglio 2008 ad oltre 3 milioni di pensionati che hanno un assegno pensionistico fino a 700 euro mensili) anche alle pensioni di importo superiore (fino a 1.000-1.200 euro mensili);

  • decontribuire il salario di produttività con l’aumento delle risorse per il fondo di 650 milioni di euro l’anno istituito dal governo Prodi che consente: una diminuzione dei contributi del 25°6, la pensionabilità di tale retribuzione e la sua detassazione a vantaggio dei lavoratori, rendendo strutturale l’attuale fondo di 150 milioni stanziato dal governo di Centrosinistra per il 2008. e prevedendo il suo raddoppio; incentivare solamente i premi di risultato negoziati tra le parti sociali;

  • stabilire un livello minimo di retribuzione che garantisca una base di reddito adeguata, definito d’intesa con le parti sociali, per quei lavoratori precari non coperti da contrattazione collettiva.

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