Diciotti: M5S “proscioglie” Salvini
Rojc interviene a Palazzo Madama nel dibattito sull’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Matteo Salvini sul caso Diciotti
Signora Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo,
è doveroso eliminare subito ogni equivoco da questo dibattito, ogni pretesto che si presti ad alimentare uno scontro nel merito dei fatti avvenuti a bordo della Nave Diciotti.
Il Senato non deciderà oggi se il ministro Salvini ha commesso un reato abusando dei suoi poteri, trattenendo indebitamente e a lungo profughi e marinai del pattugliatore della Guardia Costiera.
Il Senato deciderà oggi se il ministro Salvini avrà la libertà di difendersi dalle accuse che gli ha mosso il Tribunale di Agrigento, motivando le ragioni per cui ha ritenuto di non archiviare ma anzi rinviare gli atti al Parlamento per la sua valutazione.
Il Senato oggi deciderà se le ragioni della politica, dei partiti, della tenuta del Governo, sono più forti della legge e del diritto che ogni uomo ha di difendersi “nel processo”. Lo stesso ministro Salvini si era fatto forte di quel diritto quando, appena ricevuto l’avviso di garanzia, aveva detto di essere pronto ad andare dai magistrati addirittura il giorno dopo, “mi costituisco” aveva detto a caldo il ministro. Ma qualcosa è rapidamente cambiato, e Salvini ha deciso che bisognava difendersi “dal processo”, dai magistrati che “non sono stati eletti da nessuno”. Non credevo che avremmo assistito a una replica sbiadita di quello scontro tra politica e magistratura, che ha segnato una stagione non edificante della nostra storia recente.
Per noi nemmeno un ministro è al di sopra della legge. Per noi, che pure crediamo sia stata compiuta un’azione grave, un abuso di potere, tocca alla magistratura ordinaria vagliare la legittimità delle decisioni del ministro dell’Interno. Non tocca a noi sostituirci alla magistratura e dichiarare “prosciolto” Salvini.
Pensavamo che questa fosse anche la convinzione che animava un movimento portato in quest’aula da un’onda popolare che gli chiedeva di farsi portavoce di istanze di giustizia e pulizia nelle Istituzioni. Ci ingannavamo, al pari di milioni di cittadini che mai avrebbero creduto di vedere il partito fondato da Beppe Grillo ricorrere ai metodi di Berlusconi.
Ripercorriamo i fatti. Altri lo hanno fatto, altri lo faranno ancora:
nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 2018 la nave della Guardia Costiera italiana Diciotti salvò 190 migranti nella Sar maltese. Per cinque giorni la nave rimase al largo di Lampedusa , mentre il ministro Salvini polemizzava con Malta e altri paesi europei circa la distribuzione dei naufraghi e minacciava un respingimento verso la Libia.
Da lì a poco vennero sbarcati d’urgenza solo 13 migranti in gravi condizioni di salute. Il 20 agosto – ed erano passati già 5 giorni – il ministro Toninelli indicò Catania quale porto d’attracco, ma Salvini negò l’autorizzazione allo sbarco, continuando a polemizzare con gli altri Paesi europei affinché si facessero carico dell’accoglienza dei migranti salvati. La nave Diciotti rimase quindi ancora nel porto di Catania con 177 persone a bordo. Il 22 agosto sbarcarono 29 minorenni non accompagnati. Gli altri furono fatti sbarcare nella notte tra il 25 e 26 agosto. 11 giorni dopo. Per 11 giorni un numeroso gruppo di migranti fu trattenuto a bordo. Fu negata loro qualsiasi assistenza sanitaria e sociale, impedito di presentare domande per l’accoglienza. Per tutto questo la Procura di Agrigento ha ritenuto di indagare il ministro Salvini per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio.
Ora, come prevede la Costituzione, questa Camera può negare l’autorizzazione, con delibera a maggioranza assoluta, “ove – cito – reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo”.
Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, ha scritto come, nel nostro caso, venga affidata esclusivamente alla assemblea parlamentare, una valutazione per cui, anche se il fatto in sé costituisce reato, essa ritenga “l’agire del ministro giustificato dalla prevalenza dell’interesse pubblico e quindi lo sottragga alle normali conseguenze processuali e sanzionatorie”.
Noi tutti siamo dunque chiamati a concedere all’autorità giudiziaria competente l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro: ma la legge costituzionale del 1989 prevede pure che, a maggioranza assoluta, la Camera di appartenenza possa anche negarla, ove ritenga che l’inquisito abbia agito nel rispetto, appunto della citata norma costituzionale.
L’ho ricordato, il ministro Salvini, sin da subito dichiarava di voler affrontare a viso aperto e senza escamotage il processo. Oggi però il Ministro che non ha paura di nessuno vuole farsi scudo della norma costituzionale, e invoca a sua difesa lo schieramento incondizionato di tutti i senatori della Lega e di quelli del Movimento 5Stelle. Quali siano gli equilibri interni alla maggioranza, non è dato e neanche ci interessa sapere. Del resto lo si è letto nelle agenzie, quale sia stato l’ordine dato ai senatori del Movimento, che siedono qui privati della libertà di votare secondo la propria coscienza.
La nostra è una posizione diversa. Perciò facciamo un appello al ministro Salvini di sottoporsi, come ogni cittadino che si rispetti, al giudizio della magistratura ordinaria. Se verrà condannato in via definitiva vorrà dire che avrà impedito lo sbarco non per ragioni di sicurezza, comprimendo dunque le libertà fondamentali dei migranti non per un motivo lecito, ma per ragioni politiche.
Ma non dobbiamo essere noi a stabilire questo, chiediamo che lo stabilisca un Tribunale dello Stato. Mentre si profila un caso drammaticamente analogo al largo di Lampedusa, noi vorremmo che fosse qui ribadito senza esitazione che la legge vale per tutti. Salvini compreso.
Mi sia permesso aggiungere un pensiero che spero potrà essere condiviso o almeno preso in considerazione al di là dei nostri schieramenti.
Ci troviamo in quest’Aula, che costituisce uno dei luoghi sacri della nostra democrazia, a dover riflettere su una questione che prescinde nella sua essenza ogni valenza politica e andrebbe intesa in primis come tema etico.
Perché quando chiunque di noi, membro eletto di quest’Aula o semplice cittadino, non considera più quale bene supremo il rispetto dell’Uomo, la vita dei sui simili, ecco, in quel momento dobbiamo fermarci.
Se tutto ciò non riesce più a scuotere le nostre coscienze, significa che abbiamo abiurato non soltanto a quell’imperativo categorico che determina la nostra umanità. Ci siamo lasciati alle spalle secoli di progresso sulla strada dei diritti, e anche quella Carta costituzionale che dovrebbe esserci sempre di guida nel nosgtro lavoro di parlamentari.
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. E’ l’articolo 2 della Costituzione, la carta fondamentale della Repubblica, che va difesa giorno per giorno. E oggi, qui, in modo particolare.