15 Ottobre 2012
Minoranze: Serracchiani; Giunta Tondo non si impegna per sloveni

“Nei confronti dei diritti della minoranza slovena la giunta Tondo si è dimostrata ancora una volta del tutto passiva, non esprimendo alcun impegno sotto nessun punto di visto, tanto meno quello finanziario”. Lo ha affermato l’europarlamentare candidata alla presidenza del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, commentando l’esito della prima conferenza regionale sulla tutela della minoranza linguistica slovena organizzata dalla Regione oggi a Gorizia.

Continua
15 Ottobre 2012
condizioni

Termini e Condizioni d’utilizzo

 


 

Clausola di esclusione di responsabilità

Il PD del FVG non assume alcuna responsabilità in merito ad eventuali problemi che possano insorgere per effetto dell’utilizzazione del sito o di eventuali siti esterni ad esso collegati.

La presente clausola di esclusione di responsabilità non ha lo scopo di eludere il rispetto di requisiti prescritti dalla legislazione nazionale vigente, né di escludere la responsabilità nei casi per i quali essa sussiste ai sensi della stessa legislazione.

 


Termini per l’uso del Forum e Commenti

Anche se gli amministratori e i moderatori di questo forum cercheranno di rimuovere o modificare tutto il materiale contestabile il più velocemente possibile, è comunque impossibile verificare ogni messaggio. Tuttavia sei consapevole che tutti i messaggi di questo forum esprimono il punto di vista e le opinioni dell’autore e non quelle degli amministratori, dei moderatori o del webmaster (eccetto i messaggi degli stessi) e per questo non sono perseguibili.

L’utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, volgari, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o qualunque altro materiale che possa violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l’utente verrà immediatamente e permanentemente escluso (e il tuo provider verrà informato). L’indirizzo IP di tutti i messaggi viene registrato per aiutare a rinforzare queste condizioni. L’utente concorda che il webmaster, l’amministratore e i moderatori di questo forum hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere ogni Topic ogni volta che lo ritengano necessario. Come utente concordi che ogni informazione che è stata inserita verrà conservata in un database. Poichè queste informazioni non verranno cedute a terzi senza il tuo consenso, il webmaster, l’amministratore e i moderatori non possono essere ritenuti responsabili per gli attacchi da parte degli hackers che possano compromettere i dati.

Questo forum usa i cookies per conservare informazioni sul tuo computer locale. Questi cookies non contengono le informazioni che hai inserito in prcedenza, servono soltanto per migliorare il piacere della tua visita. L’indirizzo email viene utilizzato solo per confermare i dettagli della tua registrazione e per la password (e per inviare una nuova password nel caso dovessi perdere quella attuale).

Continua
15 Ottobre 2012
Codice etico

Approvato dall’Assemblea Costituente

il 16 febbraio 2008

1) Premessa

1. Le donne e gli uomini che aderiscono al Partito Democratico riconoscono nella Costituzione italiana la fonte primaria delle regole della comunità politica. Considerano i suoi principi, insieme a quelli sanciti nelle Carte sui diritti umani e sulle libertà fondamentali, il riferimento di un impegno politico al pieno servizio del bene comune, della giustizia sociale, di un modello inclusivo di convivenza.

2. Oltre al rispetto doveroso delle leggi, l’adesione al Partito Democratico impegna a comportamenti ispirati ai principi etici contenuti in questo Codice.

2) Principi di riferimento dei comportamenti individuali e collettivi

1. Le donne e gli uomini del Partito Democratico sostengono l’autonomia della politica, perché sia credibile e rafforzi il rapporto di fiducia con i cittadini. Ritengono che la politica debba assolvere la sua funzione pubblica senza essere subalterna ad alcuno. Al tempo stesso, concepiscono la politica come aperta all’ascolto della società e dei suoi bisogni, rispettosa delle altre autonomie, non autoreferenziale e soprattutto lontana da qualunque pretesa di invadenza e di lottizzazione.

2. Le donne e gli uomini del Partito Democratico considerano il pluralismo una ricchezza e scelgono il confronto democratico come metodo per ricercare sintesi condivise. Riconoscono e promuovono il principio di laicità della politica e delle istituzioni. Si impegnano perché le differenze non siano ostacolo alla partecipazione ma opportunità di dialogo e di crescita, e perché i diritti e le libertà si impongano sul razzismo e sulla violenza. Contrastano ogni forma di discriminazione nel nome dell’uguaglianza sostanziale. Il contributo delle donne e degli uomini immigrati è caratteristica propria dell’identità del Partito Democratico, che con loro si propone come un’esperienza politica aperta ed interculturale.

3. Le donne e gli uomini del Partito Democratico assicurano l’uguaglianza di genere, nel segno del rispetto e della piena partecipazione politica delle donne. Adottano tempi, modalità e stile della loro attività politica che tengano conto delle responsabilità lavorative, professionali, familiari delle persone. Assumono la democrazia paritaria come criterio di comportamento nel partito, negli organismi collegiali e in quelli monocratici, come elemento di valutazione delle decisioni prese e delle attività svolte. Per questo, gli organi nazionali del Partito Democratico sono tenuti a verificare costantemente il rispetto delle previsioni statutarie in ordine alla parità di genere e a quanto sopra previsto.

4. Le donne e gli uomini del Partito Democratico vivono l’impegno politico con responsabilità e, per questo, sentono il dovere di confrontarsi e di dare conto del proprio operato. Promuovono le capacità e le competenze, nella convinzione che il riconoscimento dei meriti, del lavoro svolto e dell’esperienza acquisita, così come il rinnovamento dei gruppi dirigenti, diano qualità all’azione politica. Sostengono un modello di comunicazione basato sull’ascolto, sul dialogo, sulla chiarezza di espressione. Si impegnano a condurre il confronto con “volontà d’intesa”, ricercando cioè una reale interlocuzione. Favoriscono la trasparenza dei processi decisionali e la partecipazione democratica nelle forme più inclusive.

5. Le donne e gli uomini del Partito Democratico ispirano il proprio stile politico all’onestà e alla sobrietà. Mantengono con i cittadini un rapporto corretto, senza limitarsi alle scadenze elettorali. Non abusano della loro autorità o carica istituzionale per trarne privilegi; rifiutano una gestione oligarchica o clientelare del potere, logiche di scambio o pressioni indebite.

3) Responsabilità personale e autonomia della politica

1. Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano, in particolare, a:

a) rinunciare o astenersi dall’assumere incarichi o decisioni che abbiano una diretta incidenza, specifica e preferenziale, sul patrimonio personale, del proprio nucleo familiare o dei conviventi, ovvero dei parenti o affini;

b) rinunciare o astenersi dall’assumere incarichi esecutivi nel Partito (incarichi monocratici nelle città capoluogo di provincia, a livello provinciale, regionale e nazionale; incarichi negli organi collegiali esecutivi di Partito a livello regionale e nazionale) qualora, a causa del ruolo ricoperto in imprese, associazioni, enti o fondazioni, aventi scopo di lucro o titolarità prevalente di interessi economicofinanziari, possa configurarsi un conflitto di interessi tale da condizionare i propri comportamenti;

c) non appartenere ad associazioni che comportino un vincolo di segretezza o comunque a carattere riservato, ovvero che comportino forme di mutuo sostegno, tali da porre in pericolo il rispetto dei principi di uguaglianza di fronte alla legge e di imparzialità delle pubbliche istituzioni;

d) svolgere campagne elettorali con correttezza ed un uso ponderato e contenuto delle risorse, finanziate in modo trasparente e sempre accompagnate da un rendiconto finale, senza avvalersi per fini personali della pubblicità o comunicazione istituzionali. Si impegnano, inoltre, ad evitare forme di propaganda invasiva, nel rispetto dell’ambiente e del decoro urbano.

2. Ciascun dirigente, ogni componente di governo a tutti i livelli, le elette e gli eletti nelle liste del Partito Democratico si impegnano a:

a) comunicare all’organo di garanzia territorialmente competente, ai sensi dello Statuto, le situazioni personali che evidenziano o possono produrre un conflitto di interessi, ovvero condizionare l’attività del partito o lederne l’immagine pubblica, in primo luogo nel caso di esistenza di un procedimento penale o di adozione di una misura di prevenzione nei propri confronti. Gli stessi, ove impegnati a livello europeo, nazionale, regionale, provinciale e nei capoluoghi di provincia, comunicano, inoltre: la proprietà, la partecipazione, la gestione o l’amministrazione di società ovvero di enti aventi fini di lucro; l’appartenenza ad associazioni, organizzazioni, comitati, gruppi di pressione che tutelino o perseguano interessi di natura finanziaria, nonché i ruoli di rappresentanza o di responsabilità eventualmente ricoperti ovvero il loro sostegno;

b) assolvere con competenza, dedizione e rigore le funzioni ricoperte, senza cumulare incarichi che precludano di svolgere compiutamente la responsabilità affidata, evitando in particolare, di: sommare più funzioni monocratiche interne al partito; assumere o ricoprire contemporaneamente più cariche istituzionali elettive; cumulare una funzione monocratica interna al partito con la titolarità di una carica istituzionale monocratica di equivalente o analogo livello territoriale, fatta eccezione per l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri;

c) rendicontare, con una relazione dettagliata, le somme impegnate individualmente o i contributi ricevuti da terzi e destinati all’attività politica ovvero alle campagne elettorali o alle competizioni interne al partito;

d) evitare l’uso strettamente personale e lo spreco dei beni e delle risorse messi a disposizione in ragione dell’incarico svolto. Evitare, inoltre, l’impiego ingiustificato di risorse, ad esempio nel caso di acquisto di beni e arredi destinati all’ufficio, sia istituzionale che di partito;

e) rifiutare regali o altra utilità, che non siano d’uso o di cortesia, da parte di persone o soggetti con cui si sia in relazione a causa della funzione istituzionale o di partito svolta.

f) utilizzare i mezzi di comunicazione per favorire una informazione corretta dei cittadini sulle questioni politiche ed istituzionali.

3. Ogni componente di governo a tutti i livelli, le elette e gli eletti nelle liste del

Partito Democratico si impegnano a:

a) rinunciare o astenersi dall’assumere incarichi esecutivi nelle fondazioni aventi la titolarità prevalente di interessi economicofinanziari, in imprese pubbliche, in società a partecipazione pubblica, salvo che l’incarico derivi da obbligo connesso alla funzione svolta;

b) rendicontare periodicamente, attraverso strumenti informativi e/o iniziative pubbliche, l’attività politica o istituzionale svolta anche con forme di corrispondenza con i cittadini e/o gli elettori;

4. Ogni componente di governo, a tutti i livelli, del Partito Democratico si impegna a:

a) non conferire né favorire il conferimento di incarichi a propri familiari o, tranne che negli uffici di personale collaborazione, a persone con cui si abbiano rapporti professionali;

b) avvalersi di consulenze esterne soltanto in condizioni di effettiva necessità, con adeguate motivazioni e con modalità di piena trasparenza;

c) astenersi dal partecipare a manifestazioni pubbliche organizzate contro il governo e la giunta di cui si fa parte, senza trarne le dovute conseguenze.

5. Ogni responsabile delle risorse finanziarie del Partito Democratico si impegna a garantire, ad ogni livello, una gestione trasparente dei finanziamenti pubblici e privati ricevuti. L’entità dei finanziamenti ed il loro utilizzo sono resi pubblici e i relativi dati sono accessibili a chiunque.

4) Leale collaborazione e sostegno alla vita del partito

Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a:

1. contribuire personalmente all’attività del partito con uno specifico onere di concorso economico, proporzionale alle indennità percepite per coloro che sono eletti ovvero designati nelle istituzioni;

2. adottare e rispettare percorsi decisionali partecipati, trasparenti, motivati, rispettosi del pluralismo di posizioni politiche e culturali esistenti;

3. favorire l’informazione ed il coinvolgimento degli aderenti e dei sostenitori nella vita del Partito, evitando che le scelte organizzative producano forme di cristallizzazione interne ed esclusioni, discriminazioni o condizionamenti, e garantendo che gli orientamenti politicoculturali contribuiscano ad una libera dialettica interna al Partito;

4. promuovere e rispettare le regole per la par condicio nella partecipazione alle competizioni interne, anche in relazione ai limiti di spesa e alle modalità di utilizzo delle risorse economiche;

5. favorire la parità di accesso ai servizi, alle risorse e ai beni comuni nonché il loro impiego corretto e trasparente;

6. incoraggiare l’impegno volontario e scegliere di mantenere tendenzialmente separato il rapporto di lavoro dipendente nel partito dagli incarichi politici;

7. adottare la competenza, la serietà dell’impegno, lo stile, il merito e le capacità personali come criteri prevalenti di discernimento e di valutazione delle persone in relazione agli incarichi e/o alla responsabilità che possono assumere, disincentivando ed evitando di premiare comportamenti trasformistici;

8. non diffondere o utilizzare, senza giustificato motivo, dati, informazioni o documenti riservati conosciuti o ricevuti in ragione dell’incarico svolto o dell’appartenenza al partito.

5) Condizioni ostative alla candidatura e obbligo di dimissioni

1. Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione anche di carattere interno al partitocoloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato:

a) emesso decreto che dispone il giudizio;

b) emessa misura cautelare personale non annullata in sede di impugnazione;

c) emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva, ovvero a seguito di patteggiamento; per un reato di mafia, di criminalità organizzata o contro la libertà personale e la personalità individuale; per un delitto per cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; per sfruttamento della prostituzione; per omicidio colposo derivante dall’inosservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

2. Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione anche di carattere interno al partito, coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorra una delle seguenti condizioni:

a) sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva ovvero a seguito di patteggiamento, per delitti di corruzione nelle diverse forme previste e di concussione;

b) sia stata emessa sentenza di condanna definitiva, anche a seguito di patteggiamento, per reati inerenti a fatti che presentino per modalità di esecuzione o conseguenze, carattere di particolare gravità;

c) sia stata disposta l’applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, previste dalla legge antimafia, ovvero siano stati imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della medesima normativa;

3. Le condizioni ostative alla candidatura vengono meno in caso di sentenza definitiva di proscioglimento, di intervenuta riabilitazione o di annullamento delle misure di cui al comma 2 lett. c). 4. Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione anche di carattere interno al partito:

a) i proprietari o coloro che ricoprano incarichi di presidente o di amministratore delegato di imprese che operano a livello nazionale nel settore della informazione, ovvero il loro coniuge, parenti o affini; b) i proprietari ovvero coloro che ricoprano incarichi di presidente o di amministratore delegato di imprese che operano nel settore della informazione a livello locale, nel caso in cui l’organo di garanzia territorialmente competente previsto dallo Statuto accerti che per il rilievo dell’attività dell’impresa si possa determinare un sostegno privilegiato a loro esclusivo vantaggio.

5. Ove sopravvengano le condizioni di cui ai commi precedenti, gli eletti, i titolari di incarichi all’interno del partito, ovvero il personale di nomina politica, rassegnano le dimissioni dal relativo incarico.

6. Attuazione del Codice Etico

1. Lo Statuto indica l’organo competente ad accertare e a pronunciarsi circa le violazioni del Codice etico, la procedura da seguire e le sanzioni da adottarsi.

Continua
15 Ottobre 2012
Manifesto dei Valori del Partito Democratico

Approvato il 16 febbraio 2008

1. Le ragioni del Partito Democratico

La nascita del Partito Democratico ha creato le condizioni per una svolta, non soltanto politica, ma anche culturale e morale, nella vicenda italiana. È in campo una forza che si propone di dare al Paese, finalmente, una nuova guida. Si riapre una speranza, si può tornare a pensare il futuro. Questa grande forza popolare, intorno alla quale si stanno raccogliendo le tradizioni culturali e politiche riformatrici del Paese, si pone il compito di mobilitare le energie e i valori del nostro popolo per rimettere questo Paese in cammino. Bisogna fare un’Italia nuova. Questa è la ragione ed è la missione del Partito Democratico: ricollocare l’Italia negli inediti scenari aperti dalla globalizzazione del mondo, riunire gli italiani sulla base di un rinnovato patto di cittadinanza, dare loro la coscienza e l’orgoglio di essere una grande nazione.

Non possono più restare senza risposta le grandi domande dei giovani i quali, per la prima volta dal dopoguerra, non hanno fiducia nel futuro e temono un destino di precarietà e insicurezza permanenti. È tempo di abbattere gli ostacoli che vengono da una società chiusa, soffocata dai corporativismi, e che difende l’esistente e le rendite di posizione. Ridare voce ai giovani è essenziale perché sono loro a porre quella domanda di valorizzazione dei talenti e delle energie e di liberalizzazione della società che è ormai ineludibile.

La possibilità e la necessità stessa di questo disegno sono nelle cose. Una gran parte degli assetti sociali e delle strutture di governo dello Stato e dell’economia italiani è diventata anacronistica e non è più in grado di rispondere alle nuove sfide della mondializzazione. A ciò si è aggiunto il fatto che un sistema politico rissoso e frammentato ha indebolito gravemente la capacità dei governi e delle istituzioni democratiche di prendere le grandi decisioni che sono necessarie allo sviluppo del Paese. Si è creato così un vuoto politico molto pericoloso, che ha dato spazio alla demagogia populistica, all’arroganza di ristrette oligarchie e anche a poteri opachi che tendono a sottrarsi al controllo della legge e delle istituzioni democratiche.

Il Paese, di conseguenza, perde fiducia in se stesso e non utilizza tutto il suo potenziale di crescita, non investe a sufficienza nella ricerca, nella cultura e nell’educazione, non si mette in condizione di generare nuove iniziative imprenditoriali, penalizzando così le giovani generazioni, il talento delle donne, le forze creative della nazione. Diventa reale il rischio che l’Italia si declassi nel mondo e si divida tra aree forti, integrate in Europa, ed aree marginali e dipendenti; tra ceti capaci di competere con successo nel mondo globalizzato e vasti strati sociali in sofferenza, di nuovo in lotta con la povertà.

Il Partito Democratico nasce per affermare che questo non è un destino inevitabile. Il suo messaggio di fiducia parte dalla convinzione che le energie del Paese sono grandi e possono essere risvegliate attraverso un processo di profondo rinnovamento della società italiana e la formazione di una nuova classe dirigente, in grado di tornare a guidare gli italiani sulle vie del mondo, quelle vie che un grande popolo come il nostro ha saputo percorrere per secoli con la sua civiltà.

Questa è la novità del Partito Democratico. Nasce un partito che è determinato ad affrontare il nodo che sta soffocando il paese: la mancanza di una democrazia forte, in grado di decidere. Proprio perché non si riconosce più in rigide ideologie di appartenenza, la società italiana ha bisogno di un nuovo quadro politico di riferimento. Nel Partito Democratico confluiscono grandi tradizioni, consapevoli della loro inadeguatezza, da sole, a costituire questo riferimento. Grandi tradizioni, tra le quali quel profondo processo unitario che fu alla base della lotta al fascismo e della guerra di liberazione. Un processo politico, ma anche ideale e sociale, che consentì alla vecchia Italia di compiere una rivoluzione democratica. Tuttavia il problema di oggi, se vogliamo far rivivere questo patrimonio, non è mettere insieme i resti di storie passate, ma elaborare una visione condivisa del mondo, costruendo su questa base il progetto di una nuova Italia.

In questo difficile passaggio, il Partito Democratico rappresenta lo sviluppo e la realizzazione dell’Ulivo, come soggetto e progetto di centrosinistra nel quadro di un bipolarismo maturo. Un partito democratico e riformatore non solo nella sua ispirazione ideale e programmatica, ma anche in quanto attivamente impegnato a promuovere l’evoluzione e la riforma del sistema politicoistituzionale verso una democrazia competitiva, imperniata sulla sovranità del cittadinoelettore, arbitro della scelta di governo.

La vocazione maggioritaria del Partito Democratico, il suo proporsi come partito del Paese, come grande forza nazionale, si manifesta nel pensare se stesso, la propria identità e la propria politica, non già in termini di rappresentanza parziale di segmenti più o meno grandi della società, ma come proiezione della sua profonda aderenza alle articolazioni e alle autonomie civili, sociali e istituzionali proprie del pluralismo della storia italiana e della complessità della società contemporanea, in una visione più ampia dell’interesse generale e in una sintesi di governo, che sia in grado di dare adeguate risposte ai grandi problemi del presente e del futuro.

Nasce da qui l’esigenza di costruire un bipolarismo nuovo, fondato su chiare alleanze per il governo e non più su coalizioni eterogenee, il cui solo obiettivo sia battere l’avversario. Ciò che noi vogliamo è coniugare l’intransigenza sui princìpi e sui valori, la passione per i grandi obiettivi politici e programmatici che motivano la scelta per il centrosinistra, con il rispetto per gli avversari, il ripudio della violenza reale e simbolica, il senso del limite della politica, la sua laicità.

Il superamento della crisi della politica può essere perseguito solo attraverso la promozione di una nuova classe dirigente e un rinnovamento delle sue forme di selezione che stabilisca un rapporto più diretto e costante fra la politica e la società, riduca i privilegi impropri della dirigenza politica e la elefantiasi degli organismi istituzionali.

La libertà delle donne sta cambiando il mondo. Le donne si collocano al centro del ripensamento profondo che è in atto e che riguarda i modi in cui si sviluppano le società umane. Esse impongono un cambiamento radicale nelle relazioni tra le persone. Tuttavia sono oggetto di reazioni feroci, di violenze sessuali, di violazioni del corpo. Contro tutto ciò noi abbiamo il dovere di combattere. Anche in Italia la presenza delle donne nel lavoro e nella vita civile ha rappresentato una parte rilevante della crescita economica e culturale e ha condizionato la nostra modernizzazione. È tempo quindi di superare gravi ritardi e di aprire le porte alle donne dando loro non solo gli stessi diritti ma anche le stesse opportunità in tutti i campi, compresa la politica. L’Italia non è giusta né forte se impedisce alla metà del Paese di esprimere al meglio i propri talenti. Le donne sono le prime interessate al rinnovamento della politica. Perciò il Partito Democratico sarà coerente rispetto alla grande novità con cui si è presentato al Paese: il 50 per cento di donne nelle sue assemblee costituenti nazionali e regionali.

2. Un partito aperto nel mondo globalizzato

Il Partito Democratico si presenta agli italiani come un partito aperto, uno spazio concreto di dialogo costruttivo e propositivo; un laboratorio di idee e di progetti, in cui le diverse storie politiche, culturali ed umane che sono venute a formarlo diventano fattore di arricchimento e fecondazione reciproca; un soggetto politico nuovo che vuole affrontare le radicali trasformazioni in atto in Italia, in Europa e nel mondo.

La sua progettualità politica non può prescindere dagli scenari aperti dalla globalizzazione: un processo che instaura legami sempre più fitti e irreversibili di interdipendenza fra nazioni, popoli e culture a livello planetario. Un’intensa circolazione di persone, di merci, di capitali, di idee, di risorse attraversa e trasforma i continenti, determinando geografie umane, economiche e finanziarie che sfuggono alle definizioni e ai controlli tradizionali. È questa realtà in costante mutamento che rende necessario un ripensamento della politica e una ridefinizione dell’idea e dei poteri degli Stati nazionali. Sta qui la ragione per cui i grandi partiti che dominarono le società industriali del Novecento appaiono ormai anacronistici. È la necessità di misurarci con i processi storici e culturali in atto, che coinvolgono i popoli in un comune destino planetario, è l’urgenza di affrontare inediti e decisivi problemi globali, a cominciare dai cambiamenti climatici, a imporre la necessità di rafforzare e rinnovare le istituzioni internazionali e multilaterali, a cominciare dalle Nazioni Unite.

Non possiamo più parlare di una condizione umana acquisita una volta per tutte: le conseguenze delle ricerche in campo genetico e biomedico, i cambiamenti culturali e comportamentali indotti dalle innovazioni tecnologiche ed economiche, il carattere globale degli scambi fra nazioni e culture innescano una rapida evoluzione di tutte le identità umane, individuali e collettive. Sempre più la “natura umana” appare nella sua unicità e vulnerabilità, e risulta dipendere dalla nostra consapevolezza e dalla nostra responsabilità verso le future generazioni e la natura.

Sempre più, il sapere si rivela come il discrimine che può separare grandi opportunità da enormi disuguaglianze sociali. La frattura tra coloro che sanno e coloro che non sono ammessi al sapere può rappresentare un rischio grave per la democrazia. Il Partito Democratico, in questo scenario, si batte per un accesso universale al sapere, quale espressione di un nuovo umanesimo: un grande progetto di democrazia della conoscenza, che aiuti i cittadini a comprendere le implicazioni degli sviluppi tecnicoscientifici, nonché i dilemmi etici e antropologici che essi possono sollevare.

Tutto il nostro sguardo è rivolto al futuro. Negli scenari complessi del mondo globalizzato non esistono solamente nuovi problemi, ma anche nuove opportunità. Si è aperta una nuova epoca. È cambiata la geografia politica ed economica del mondo. La crescita di nuove potenze come la Cina, l’India, il Brasile, muta non solo l’asse dello sviluppo economico, ma la presenza reale delle masse umane sulla scena del mondo e impone all’intera umanità di attuare le condizioni di uno sviluppo sostenibile, nel quale il cammino verso il benessere di tanti non si traduca in una crisi ecologica irreversibile per tutti.

Milioni di persone, in gran parte giovani, sono entrati nella rete dei consumi, dei bisogni, delle informazioni. Con l’assoluta necessità di affermare la propria identità e quindi il rischio che in assenza di nuovi valori il vuoto venga riempito da contrapposizioni razziali, violenze, guerre di religioni. Di qui la centralità e l’universalità dei diritti umani. Il Partito Democratico si impegna affinché la cultura dei diritti umani sia sempre più condivisa, al di là delle barriere politiche, geografiche, religiose. Essa mira a eliminare ogni violazione della dignità e della vita della persona, rimuovendo le cause che possono pregiudicarne lo sviluppo, e ogni discriminazione e violenza per motivi di appartenenze razziali e sociali, di schieramento politico e culturale, di religione, di genere e di orientamento sessuale.

La costruzione dell’unità dell’Europa, il più straordinario progetto politico che ereditiamo dal Novecento, è il contesto più favorevole per affermare un nuovo umanesimo. Noi europei abbiamo una storia che, anche attraverso i suoi errori e i suoi drammi, ha elaborato culture, valori e idee che oggi permettono di definire e perseguire obiettivi fondamentali per il mondo intero: gestire in modo democratico ed efficace i processi di globalizzazione; liberalizzare i mercati e, nello stesso tempo, diminuire le disparità economiche fra nazioni, regioni e ceti sociali; edificare un solido progetto di libertà e di giustizia; dare concretezza alla prospettiva di uno sviluppo sostenibile. L’Europa ha abbattuto le barriere che separavano popoli diversi, riunendoli intorno a regole comuni e a istituzioni condivise, e trasformando le vecchie frontiere in luoghi di scambio, di incontro, di cooperazione. L’Europa rappresenta, sul piano internazionale, un modello di identità nella diversità che il Partito Democratico intende realizzare al suo interno e auspica di promuovere nell’intero Paese. Ci ricorda che l’autentica vocazione dell’Italia è essere luogo di mediazione, di dialogo, di incontro tra diverse civiltà in Europa e nel Mediterraneo.

Il processo di unificazione europeo è ancora frenato dalle forti resistenze degli egoismi nazionalistici, che il Partito Democratico vuole contrastare per realizzare una compiuta integrazione politica e democratica: tale processo va accelerato, rafforzando la legittimazione e le basi democratiche dell’Unione. Il Partito Democratico intende contribuire a costruire e consolidare, in Europa e nel mondo, un ampio campo riformista, europeista e di centrosinistra, operando in un rapporto organico con le principali forze socialiste, democratiche e progressiste e promuovendone l’azione comune.

3. Nel solco della Costituzione: etica pubblica e laicità

Il Partito Democratico vuole assicurare all’Italia una democrazia libera e forte: una democrazia intesa come partecipazione, inclusione, solidarietà, autogoverno, ma anche come capacità di decisione, come assunzione di responsabilità verso il bene comune. Il Partito Democratico crede nella democrazia come riconoscimento e ampliamento dei diritti della persona, delle capacità delle donne, delle speranze dei giovani, dell’esperienza degli anziani, del lavoro intelligente di tutti. Perché la libertà di ognuno sarà tanto più effettiva quanto più i diritti di tutti saranno garantiti. E tuttavia, il Partito Democratico sa bene che anche la conquista di nuovi diritti può rivelarsi effimera, se non si afferma un’etica pubblica condivisa, che consenta agli italiani di nutrire un senso più alto dei loro doveri.

La Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista, è il documento fondamentale dal quale prendiamo le mosse. La Costituzione non è una semplice raccolta di norme: oggi non meno di ieri è la decisione fondamentale assunta dal popolo italiano sul come e sul perché vivere insieme. È il più importante fattore di unità nazionale e di integrazione sociale, proprio in quanto assicura il consenso della comunità sui princìpi della convivenza al suo interno e permette di dirimere i conflitti di opinioni e di interessi. Il Partito Democratico riconosce i valori che ispirano la Carta costituzionale, unitamente a quelli della Carta dei diritti umani fondamentali dell’Unione Europea e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, e li assume come princìpi validi per tutti, al di là delle disuguaglianze legate alla nascita, all’educazione, al reddito e alle condizioni individuali.

La sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella certezza che essa non è alla mercè della maggioranza del momento, e resta la fonte di legittimazione e di limitazione di tutti i poteri. Il Partito Democratico si impegna perciò a ristabilire la supremazia della Costituzione e a difenderne la stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a colpi di maggioranza, anche promuovendo le necessarie modifiche al procedimento di revisione costituzionale. La Costituzione può e deve essere aggiornata, nel solco dell’esperienza delle grandi democrazie europee, con riforme condivise, coerenti con i princìpi e i valori della Carta del 1948, confermati a larga maggioranza dal referendum del 2006.

Una democrazia forte e capace di decidere esige che vengano assicurati la leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, la protezione nel tempo delle decisioni istituzionalmente condivise e regole di soluzione dei conflitti che chiariscano i limiti di esercizio della democrazia di prossimità e restituiscano al governo nazionale l’autorevolezza e l’autorità necessarie sulle questioni di prevalente interesse per l’intero Paese.

Il principio costituzionale della laicità dello Stato rappresenta un valore essenziale dell’impegno del Partito Democratico. La laicità dello Stato garantisce il rispetto di ogni persona nelle sue convinzioni più profonde e assicura a ciascuno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Allo stesso modo, tanto più in un’epoca contrassegnata da nuove conquiste di civiltà, ma anche da antichi e recenti fondamentalismi, la laicità dello Stato garantisce che le istituzioni appartengano a tutti e che le decisioni democratiche siano assunte in modo libero e autonomo.

La laicità presuppone uno spazio pubblico di libero confronto: noi concepiamo la laicità non come il luogo di una presunta neutralità, ma come rispetto e valorizzazione del pluralismo degli orientamenti culturali, e quindi anche come riconoscimento della rilevanza, nella sfera pubblica e non solo privata, delle religioni, dei convincimenti filosofici ed etici, delle diverse forme di spiritualità. Le energie morali che scaturiscono dalle esperienze culturali, spirituali e religiose, quando riconoscono il valore del pluralismo e del dialogo, rappresentano un elemento vitale della democrazia.

La nuova storia che si sta spalancando davanti all’umanità pone alle coscienze di tutti problemi etici e interrogativi inediti. La laicità è la condizione perché culture e concezioni ideali diverse non solo convivano, ma si ascoltino, così da produrre nuove visioni e nuove sintesi in vista della riflessione e dell’azione che questi problemi rendono quanto mai indispensabili.

4. Un’Italia più libera, più giusta e più prospera

Noi vogliamo un’Italia più libera, più giusta e più prospera. I nostri princìpi ispiratori sono da un lato la valorizzazione dei talenti e dei meriti; dall’altro la promozione di un tessuto sociale egualitario e solidale, in cui nessuno si perda o resti indietro. Pensiamo che sia necessario un profondo cambiamento del nostro sistema produttivo, sia incentivando l’innovazione e la crescita delle imprese, sia valorizzando il lavoro e i talenti custoditi nel fitto tessuto delle comunità locali che da sempre alimentano la nascita di nuove imprese e la nostra grande tradizione artigianale. Vogliamo un’Italia che sappia mettere a frutto, anche sul terreno della competizione economica globale, le sue più grandi ricchezze: la creatività, la qualità ambientale e culturale, la coesione sociale. Vogliamo un’Italia più unita e più omogenea sul piano economico e sociale, più moderna e meno frammentata nella dotazione di infrastrutture. Per questo vogliamo rilanciare una strategia per lo sviluppo del Mezzogiorno, valorizzando le grandi risorse culturali e civili di cui questa parte d’Italia è ricca, e cogliendo l’opportunità di farne il principale raccordo capace di unire, attraverso il Mediterraneo, l’Europa all’Asia e all’Africa.

La priorità è far ripartire lo sviluppo del Paese, rilanciare una crescita sostenibile e di qualità, quella che è mancata negli ultimi anni. Per questo obiettivo dobbiamo mobilitare tutte le energie di cui è ricca la società italiana. Un mercato aperto è strumento essenziale per la crescita. Compito dello Stato non è interferire nelle attività economiche, ma fissare le regole per il buon funzionamento del mercato, per mantenere la concorrenza anche con politiche di liberalizzazione e per creare le condizioni di contesto e di convenienza utili a promuovere innovazione e qualità.

Noi vogliamo una società aperta che consideri le persone in base alle loro qualità, rimuovendo gli ostacoli economici e sociali, e premiando il merito e non i privilegi. Vogliamo che a ciascuno sia garantita la libertà di realizzarsi secondo i suoi talenti e le sue inclinazioni, senza distinzioni di genere o di provenienza sociale, di opinioni politiche o religiose. L’estensione dei diritti di cittadinanza è parte costitutiva di una concezione moderna della crescita, oltre i soli parametri economici. Cittadinanza e inclusione sono la leva di un nuovo civismo e di nuove opportunità per i singoli, nelle scelte formative e professionali, come nella dimensione sociale e affettiva. In questo quadro vanno riconosciuti e disciplinati per legge i diritti e doveri delle persone conviventi in unioni di fatto.

Ciò che deve scandalizzare non è solo la povertà, è la mancanza di opportunità: la povertà di un bambino che non può studiare, lo sfruttamento indecente di un lavoratore, la frustrazione di un giovane che si vede chiudere tutte le porte, di una donna che deve ancora scegliere fra maternità e lavoro. Correggere le differenze abissali dei punti di partenza tipici di una società chiusa e castale, e offrire uguali opportunità a tutti sono i due pilastri che tengono insieme sviluppo ed equità.

Rimettere in movimento le forze produttive, l’intelligenza, la creatività, la cultura non sarà una operazione indolore. Comporta uno scontro duro con privilegi grandi e piccoli molto ramificati. Proprio per questo il Paese ha bisogno di una forza politica che abbia il coraggio di affrontare quel groviglio di compromessi che ha creato rendite corporative o speculative, favorendo il lavoro nero e l’esclusione relativa delle donne e dei giovani dalle attività produttive, che ha alimentato le arretratezze dei servizi, della scuola, della ricerca, della giustizia, della pubblica amministrazione. Noi intendiamo affrontare questo compito.

Cruciale è la dignità del lavoro, che dev’essere difesa e valorizzata in tutte le sue espressioni. Questo è il nostro impegno ed esso si colloca nel solco di quello che è sempre stato un obiettivo primario delle tradizioni politiche e culturali che convergono nel Partito Democratico. Il lavoro è una manifestazione essenziale della creatività umana; realizza le capacità e rafforza l’autonomia e la dignità delle persone; è fattore insostituibile di dinamismo sociale, luogo e strumento per la trasmissione di esperienze e di cultura. In particolare, il lavoro delle donne, la sua concreta ed effettiva promozione, anche attraverso politiche di incentivazione dell’occupazione femminile e di armonizzazione con il lavoro di cura e la sua redistribuzione tra i sessi, è un fattore essenziale per la crescita economica e la modernizzazione del Paese.

Ovunque, il lavoro si è enormemente differenziato, anche perché la velocità dei processi innovativi impone flessibilità e frequenti cambiamenti nel corso della vita lavorativa. Ma è la natura stessa della produzione a chiedere sempre meno fatica e sempre più partecipazione, sapere, intelligenza, ed è questo a richiedere non la riduzione del lavoro a merce precaria esposta a continui pericoli anche mortali, bensì la sua tutela e la valorizzazione del suo ruolo sociale. Il lavoro è la vera ricchezza delle nazioni ed è una leva potente per spingere le imprese verso produzioni più qualificate. Nessun Paese può essere fondato su lavori “precari” e su “vite di scarto”. Il Partito Democratico si muove nella piena consapevolezza che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

Nella società attuale, in un mondo globalizzato e tecnologico, è cresciuta l’interdipendenza fra impresa e lavoro. Nella nuova economia è necessario il coinvolgimento del mondo del lavoro sia nelle grandi questioni sociali con forme efficaci di concertazione, sia nell’impresa, attraverso nuove forme di democrazia economica. La partecipazione dei lavoratori nell’impresa è richiesta dalle accresciute esigenze di formazione, dal crescente contenuto di conoscenze presente nei processi produttivi e quindi dalla necessità di valorizzare le maggiori conoscenze in possesso di lavoratori sempre più scolarizzati. Le imprese hanno un ruolo decisivo per vincere la sfida della competitività e per rimettere il Paese sulla via della crescita. Sono chiamate ad essere innovative, ad agire con prospettive di lungo periodo, puntando sulla qualità; sono tenute ad essere responsabili, sia nei confronti dei dipendenti, garantendo loro salari adeguati e sicurezza, sia nei confronti del contesto ambientale e sociale in cui operano.

La competizione ha bisogno, per esplicare la sua funzione creativa e costruttiva, di un contesto in cui valgano il rispetto intransigente delle regole, l’imparzialità dello spazio pubblico in cui si esercita la competizione, l’efficacia degli strumenti di valutazione, la “cultura del risultato”. Le regole devono valere ovunque. Solo nell’ambito di regole davvero fondate sul merito diventa possibile a ciascuno affermare le proprie capacità e aspirazioni, realizzandole col proprio lavoro.

Sta qui il senso più profondo della risposta che il Partito Democratico deve dare allo scontento dell’area del Paese che maggiormente si confronta con le sfide della globalizzazione. Il fossato tra cittadini e politica che si sta scavando in certe zone del Nord si spiega col fatto che la politica spesso si presenta con il volto di una pubblica amministrazione e di una burocrazia non all’altezza di ciò di cui la società e le imprese hanno bisogno, non valorizzando né sostenendo creatività e meriti. In ciò consiste la cosiddetta questione settentrionale: nella necessità di ricostruire le ragioni e le condizioni di un patto coi cittadini che sconfigga l’idea di uno Stato ostile, capace perlopiù di chiedere e non di dare le risposte necessarie con la tempestività necessaria.

Questa è oggi per il Partito Democratico una priorità nazionale: restituire allo Stato e all’intera sfera pubblica efficienza e capacità di adempiere ai propri compiti. Il nostro impegno riformatore vuole garantire un’effettiva uguaglianza di opportunità e affermare una politica di emancipazione sociale in una società sempre più complessa e plurale. Noi ci riallacciamo a tutto quel vasto movimento che, nei suoi filoni storici, si è caratterizzato sempre come un grande moto di emancipazione delle persone dai vecchi vincoli di casta, di genere, di pregiudizi ideologici. Ma il grande problema che resta e per certi versi si aggrava è che le disuguaglianze stanno aumentando, in Italia come nel mondo. Una quota sempre maggiore della ricchezza è assorbita dalle rendite e dalle speculazioni finanziarie mentre diminuisce la quota che va al lavoro. Questa tendenza è inaccettabile, e contrastarla e invertirla è il compito del nuovo riformismo.

L’apertura dei mercati è positiva. Ma i mercati devono essere regolati. Le società non possono ridursi a società di mercato, dove ciò che definisce i rapporti tra le persone è solo lo scambio economico. In una società pluralista, democratica e aperta i vecchi e nuovi mezzi di comunicazione di massa devono essere strumento libero e autonomo di diffusione delle informazioni e della cultura, col quale tutti possano esprimere la loro partecipazione alla vita sociale, economica e politica, la loro progettualità, le loro aspirazioni. Questo rende indispensabile un’etica dell’informazione volta a salvaguardare la dignità della persona.

5. Il pluralismo sociale, per una comunità forte e solidale

L’equità sociale non va considerata un onere da sostenere, ma un fattore sinergico di sviluppo umano ed economico e di partecipazione autenticamente democratica. Il welfare è la garanzia di condizioni dignitose di vita e di attività per tutti i cittadini, e in particolare per le classi e le persone più vulnerabili. Non deve essere una forma di assistenzialismo, bensì un insieme di servizi sociali, sanitari e formativi e uno strumento che renda più snella ed efficace l’azione pubblica, anche valorizzando l’apporto dei corpi della società civile, secondo il principio della sussidiarietà.

Non tutto ciò che è pubblico, e che dunque svolge una funzione sociale, deve essere necessariamente statale. L’impresa sociale, il non profit, la cooperazione, il volontariato, l’iniziativa delle persone e delle comunità, devono essere messe in condizione, attraverso scelte politiche ed economiche adeguate, di collaborare con lo Stato per garantire i servizi necessari e la loro qualità.

Il welfare va dunque riformato. Il suo ruolo non può più essere quello passivo di mera assicurazione contro il rischio, ma deve diventare un sostegno attivo a chi oggi è obbligato ad affrontare il rischio, per metterlo in grado di fronteggiare i continui adattamenti che la mobilità e la globalizzazione impongono, a partire da un percorso educativo e formativo che duri per l’intera vita lavorativa. Grande attenzione va rivolta al rapporto fra tempo di lavoro e tempo di vita. Donne e uomini vanno sostenuti nell’attività che dedicano alla cura dei figli e della famiglia, il parttime deve essere consentito senza discriminazioni di salari e carriera. In questa prospettiva il welfare promuove i diritti di cittadinanza dei bambini e delle bambine attraverso un lungimirante investimento sulle loro opportunità di vita. Gli anziani, dal canto loro, devono essere pienamente considerati parte attiva e creativa della cittadinanza e poter continuare a dare il loro contributo costruttivo alla comunità nazionale.

La società giusta che noi vogliamo investe sul valore della persona, della sua autonomia e responsabilità. E interpreta il ruolo della famiglia tenendo conto sia dei diritti e doveri dei membri che la compongono, sia delle nuove esigenze espresse dalla società civile. La famiglia è il primo luogo relazionale, affettivo e formativo dove si sviluppano l’identità e l’inserimento sociale della persona. Le famiglie, nella loro concreta condizione, sono destinatarie e protagoniste delle politiche sociali e vanno incoraggiate con adeguati strumenti di sostegno pubblico, rivolte in modo particolare ai nuclei familiari con figli.

Una società giusta, nel mondo contemporaneo, non può che essere una società dell’accoglienza e dell’integrazione. L’integrazione è un processo reso necessario dagli scambi economici, tecnologici e culturali dell’età della globalizzazione, e dai flussi migratori che ormai hanno coinvolto appieno anche il nostro Paese. L’immigrazione non dev’essere vista come una difficoltà da affrontare con politiche meramente restrittive, ma come un’opportunità da interpretare e da governare, in modo da conciliarla con le esigenze della comunità nazionale. È anche grazie al lavoro e alle competenze di tante persone immigrate se l’Italia oggi può incrementare il proprio sviluppo e la propria ricchezza. La sfida dell’integrazione dev’essere affrontata su basi di parità e nella condivisione dei diritti e dei doveri, al fine di realizzare un nuovo patto di cittadinanza nel rispetto dei valori costituzionali italiani ed europei. Un’identità nazionale così concepita è sganciata dal riferimento angusto ai territori e ai confini e sottolinea la funzione di grande laboratorio delle culture che il nostro Paese ha sempre svolto ed è chiamato a svolgere nel mondo globalizzato. Gli italiani nel mondo sono una parte importante del passato, del presente e del futuro del nostro Paese. Un’Italia consapevole della varietà della propria comunità oltrefrontiera sa valorizzare le risorse umane e lavorative degli italiani nel mondo e rafforza il proprio impegno sociale e culturale per loro.

Il Partito Democratico riconosce, valorizza e promuove le autonomie locali, nelle quali secondo il principio di sussidiarietà risiede l’identità costitutiva della nostra Repubblica. In tal senso, e al fine di stabilire equi rapporti sociali in un territorio complesso e articolato come l’Italia, i democratici sostengono i valori dell’autonomia e del federalismo in quanto promotori delle capacità di autorganizzazione in grado di garantire la coesione sociale e territoriale del Paese.

La sicurezza e la legalità sono valori fondamentali, senza i quali non è possibile alcuna integrazione né alcuna convivenza democratica e civile. Il rispetto della legalità e la garanzia della sicurezza sono condizioni ineliminabili per lo svolgimento della vita individuale e collettiva, e per un corretto rapporto fra istituzioni e società. La cultura della sicurezza e della legalità, perseguìta attraverso la strutturazione di relazioni positive di ascolto e inclusione negli abituali contesti di vita, combatte il degrado urbano e sociale che alimenta i comportamenti illegali, e lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, che impediscono lo sviluppo di intere aree del territorio italiano.

6. L’educazione, la formazione, la ricerca scientifica

L’educazione e la formazione devono essere poste al centro del nostro impegno. La scuola è la sede non solo della formazione culturale ma dell’educare istruendo. È nella scuola che si pongono le premesse della cultura democratica indispensabile alla convivenza in una società sempre più plurale e multiculturale. Il Partito Democratico sostiene un sistema scolastico pubblico integrato, imperniato sulla valorizzazione del ruolo educativo degli insegnanti, e in grado di garantire un’elevata qualità dei percorsi formativi. La scuola deve farsi carico delle difficoltà di tutti gli studenti, e dare un sostegno effettivo ai “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”, come richiesto dalla Costituzione, valorizzando il talento di tutti e promuovendo l’eccellenza. Solo la scuola può consentire quella democrazia della conoscenza e quell’integrazione culturale e sociale che siano all’altezza delle sfide della globalizzazione contemporanea.

Un sistema formativo efficace e flessibile apre a tutti nuove possibilità di formazione culturale e professionale, di aggiornamento e di educazione permanente che sono necessarie nel continuo rinnovarsi delle conoscenze e delle tecnologie, e che vanno intese anche come apprendimento di adeguate modalità relazionali e collaborative.

L’Università va sostenuta e potenziata come sede principale della ricerca culturale e scientifica, come centro di produzione e sviluppo della cultura in tutti i suoi aspetti, come fulcro dell’innovazione con conseguenze trainanti per l’intero sistemapaese.

Gli istituti universitari e di ricerca devono essere centri propulsori di idee e di prospettive innovative, capaci di interagire con una pluralità di ambiti territoriali e sociali. Va accresciuta l’autonomia anche finanziaria delle Università: ma alla maggiore autonomia devono far riscontro la responsabilizzazione nell’uso delle risorse, l’apertura ai giovani e la valorizzazione del merito nel reclutamento e nelle carriere. Alla libera ricerca delle università è affidato il compito di valorizzare le nostre tradizioni culturali e di mettere in relazione i saperi richiesti dai cambiamenti in atto nella nostra società.

I beni culturali italiani raccontano, senza interruzioni o fratture, l’evoluzione culturale dell’Occidente e rappresentano per il cittadino italiano l’elemento portante della sua identità civile e sociale. L’insieme del patrimonio culturale e paesaggistico italiano è un bene comune inalienabile ed è una fondamentale risorsa economica del nostro Paese.

Il ritardo grave che l’Italia registra nel campo della conoscenza è l’ipoteca più grave che pesa sul nostro futuro. È questo uno dei banchi di prova del nuovo partito. Il Partito Democratico sostiene fermamente la libertà della ricerca scientifica, che è alla base dei grandi conseguimenti tecnologici e sociali delle società occidentali. La libertà di ricerca è un valore quanto mai strategico ai nostri giorni, in cui la necessità di innovazioni e di risposte adeguate alle sfide globali si è fatta pressante. Per arrivare a risultati creativi e condivisi, la scienza non può che battere strade diverse e parallele, imparare dai propri errori, darsi tutto il tempo e gli investimenti necessari. Solo la ricerca avanzata, nella quale l’Italia ha costantemente ottenuto risultati di primo piano a dispetto di gravi difficoltà e inadeguati investimenti, può consentire al nostro Paese di affrontare con successo la competitività che caratterizza l’èra globale, le difficoltà inerenti alle transizioni energetiche e al riequilibrio ambientale, i nuovi problemi medici relativi all’innalzamento della durata e della qualità della vita.

Lo sviluppo della ricerca tecnicoscientifica pone certamente inediti interrogativi etici relativi all’impatto ambientale delle innovazioni tecnologiche e delle scelte energetiche e produttive, ai settori biologico e medico, alle conseguenze politiche, sociali e umane delle tecnologie militari. Il Partito Democratico intende affrontare questi interrogativi applicando integralmente i princìpi della laicità e della condivisione democratica, e rendendo compatibile il principio della libertà di ricerca e di scelta con il principio per cui non tutto ciò che è realizzabile tecnicamente è eticamente accettabile, né è sempre utile sul piano sociale, economico, ambientale. Questo divario fra realizzabilità astratta e bene comune diventa ancora più acuto in condizioni di risorse economiche scarse, in cui si è obbligati a fare delle scelte di priorità e di urgenza.

7. La speranza della pace: la storia non è finita

Il Partito Democratico intende inverare i valori ai quali fa riferimento in piattaforme politicoprogrammatiche, che affinino il “chi siamo” come conseguenza del “cosa vogliamo”. Lo scopo di questo Manifesto non è quello di pronunciarsi su tutti i temi dell’agenda politica e culturale, ma di tratteggiare il profilo di un partito nuovo: per il ruolo politico di partito nazionale che vuole assumere, a fronte di una crisi così profonda del vecchio organismo statale italiano, e perché si pone il problema di elaborare una nuova idea di progresso umano. La condizione è che questa forza riesca a proiettarsi nel mondo e a misurarsi con la novità della condizione umana.

Il più grande obiettivo che sta di fronte alla politica è di operare per costruire un orizzonte democratico planetario in grado di impedire che ristrette oligarchie si arroghino il diritto di decidere la più grande e sconvolgente redistribuzione delle risorse e del potere della storia del genere umano. È anche a causa di questo gigantesco processo che stiamo assistendo a drammatiche turbolenze degli ordini politici internazionali, che vanno ridisegnati e messi in grado di prendere grandi decisioni collettive. La conseguenza è che questo vuoto di governo alimenta sempre nuovi conflitti e nuove corse al riarmo, compresa una proliferazione degli arsenali atomici. L’impegno per la pace torna ad essere più che mai cruciale.

Il Partito Democratico, per l’ispirazione etica, culturale e politica che lo sostiene, intende promuovere una politica attiva e intraprendente a favore della pace, richiamandosi allo spirito e alla lettera della Costituzione italiana, ai princìpi generali della Carta europea e alla Carta delle Nazioni Unite. In conformità all’art. 11 della Costituzione preso nella sua interezza, il Partito Democratico si adopera affinché l’Italia si assuma le proprie responsabilità internazionali nel governo dei conflitti, in coerenza con il diritto internazionale e attraverso le organizzazioni sovranazionali preposte alla sicurezza, alla giustizia e alla pace. Il ripudio della guerra va coniugato con l’attiva partecipazione dell’Italia alle responsabilità della comunità internazionale nell’assicurare un giusto ordine mondiale.

Al tempo stesso, il Partito Democratico è consapevole che siamo arrivati al limite di una crescita meramente quantitativa. Non è più sostenibile il saccheggio delle risorse naturali operato da un modello di sviluppo basato sui consumi crescenti e sugli sprechi di energia e materie prime. Una svolta nei modi di vivere e di consumare delle società contemporanee è perciò necessaria. Il tempo si è fatto breve ed è già sotto i nostri occhi lo sconvolgimento di tutti gli equilibri ecologici, dal clima alle risorse energetiche, dall’acqua potabile alle fonti di alimentazione. Sono impegni di ordine politico, come di ordine culturale. Le questioni ambientali impongono misure urgenti e cambiamenti profondi al modo di vivere, ma esigono prima di tutto la consapevolezza che l’attuale modello di sviluppo si è pericolosamente avvicinato a una soglia, oltre la quale verrebbe messa in questione la stessa esistenza dell’umanità. Si è aperto un dibattito di portata analoga a quello che impegnò le autorità politiche, morali e scientifiche del mondo intero quando si inaugurò l’era atomica.

Tutto ci dice che la storia non è finita. Il mondo in cui viviamo appare sempre più come una trama complessa di relazioni in continua evoluzione. E se è vero che questa evoluzione è sempre più condizionata dall’azione dell’uomo moderno e dall’uso che egli sta facendo di una scienza e di una tecnologia che oltrepassano i vecchi confini, questo significa che non è più adeguata una politica che non prenda coscienza di questa trama di relazioni e di interdipendenze. Questa presa di coscienza è la condizione essenziale per governare il mondo in cui viviamo. Se non assumiamo questa nuova dimensione storica, se una grande forza riformatrice non assume come suo compito questa inedita necessità di “stare insieme”, pena la rovina comune, le donne e gli uomini saranno incapaci di costruire un’esistenza pacifica basata sulla giustizia e sulla libertà.

Guidato dall’idea di una convivenza unitaria e plurale sempre più necessaria allo sviluppo della comunità nazionale e mondiale, il Partito Democratico invita tutti i cittadini a condividere il suo progetto etico e politico, per un impegno che rilanci il futuro del nostro Paese nel terzo millennio, ne reinterpreti e rafforzi l’identità all’interno del concerto europeo, ne assicuri il contributo attivo alla pace e alla giustizia nel mondo globalizzato.

Continua
15 Ottobre 2012
Manifesto

Il Manifesto del Partito Democratico redatto dal Comitato dei Saggi (Rita Borsellino, Liliana Cavani, Donata Gottardi, Roberto Gualtieri, Sergio Mattarella, Ermete Realacci, Virginio Rognoni, Michele Salvati, Pietro Scoppola, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo, Luciano Violante).

A seguito della prima riunione dell’Assemblea Costituente Nazionale del Partito Democratico, svoltasi a Milano il 27 ottobre 2007, una commissione composta da 100 costituenti è stata chiamata a scrivere il Manifesto dei valori del nuovo soggetto politico ormai costituito.

Noi, i democratici

Noi, i democratici, amiamo l’Italia. Amiamo la ricca umanità della sua gente; il suo patrimonio ineguagliabile di storia, arte e cultura; l’intreccio di splendide città, di magnifici ambienti naturali e paesaggi che da secoli attrae viaggiatori stranieri. Amiamo il senso profondo di ospitalità e di solidarietà degli italiani, la loro attenzione alla qualità della vita, la loro straordinaria capacità di produrre cose che piacciono al mondo.

Noi democratici abbiamo fiducia nell’Italia. Perché è un paese vitale, creativo, operoso, pervaso da un diffuso spirito d’intraprendenza. Un paese che ha contribuito alla prosperità di molte altre nazioni, attraverso l’intelligenza e la tenacia di tanti nostri concittadini.

E crediamo che l’Italia possa farcela a stare al ritmo di un mondo che cambia sempre più in fretta. Siamo convinti che saprà mantenere e migliorare i suoi livelli di vita, se non coltiverà la pretesa illusoria di serrare la porta o di chiudere gli occhi di fronte alle sfide globali, se accetterà di affrontarle insieme all’Europa, se riuscirà a ritrovare slancio, coesione e fiducia.

Ma l’Italia di oggi non è all’altezza delle sue ambizioni e delle sue possibilità. È un paese bloccato, smarrito, che rischia il declino. Il senso civico appare inaridito e il rispetto della legalità è troppe volte umiliato. La classe dirigente è terribilmente invecchiata e quasi esclusivamente maschile. Le donne sono ancora in larga parte escluse dai luoghi della rappresentanza politica. I giovani si scontrano con rendite e privilegi nelle imprese e nelle professioni, nella scuola, nell’università e nella ricerca, nella politica e nella pubblica amministrazione. Guardano con preoccupazione al futuro e faticano a costruirsi una vita autonoma.

Anche per questo, siamo un paese che fa pochi figli. Avvertiamo i segni di un pessimismo diffuso che riguarda la stessa identità dell’Italia come nazione. L’Italia rischia di tornare ad essere una «espressione geografica», divisa al suo interno tra aree forti, integrate in Europa, ed aree marginali e dipendenti; tra ceti capaci di competere con successo nel mondo globale e vasti strati sociali in sofferenza, di nuovo in lotta con la povertà. A sua volta, la politica è frammentata e rissosa. Si rivela troppo spesso debole nei confronti degli interessi forti ed incapace di svolgere una funzione nazionale. Piuttosto che aiutare l’Italia a rimettersi in moto tutta insieme, finisce per rappresentare o amplificare i particolarismi, attraverso partiti al tempo stesso troppo fragili e troppo invadenti. Diventa concreto così il rischio che si affermino leader populisti, e che nella società prevalgano pulsioni contrarie alla democrazia.

I problemi italiani si collocano d’altro canto in uno scenario più ampio. La democrazia ha vinto i totalitarismi del secolo scorso, ma deve oggi far fronte a sfide di prima grandezza. È spesso prigioniera degli interessi consolidati, più che interprete delle speranze dei deboli.

I partiti faticano un po’ ovunque a promuovere la partecipazione e a selezionare una classe dirigente credibile, capace di guardare lontano. Lo sviluppo tecnologico, l’intensificarsi degli scambi e delle comunicazioni rendono la nostra vita più dinamica e più ricca, ci rendono più aperti, ci fanno vivere meglio e più a lungo, accrescono la varietà delle cono- scenze a cui possiamo accedere, consentono a un numero crescente di persone, soprattutto tra i giovani, di sentirsi e di essere cittadini del mondo. E cittadini più informati, educati al dialogo con persone di altre culture, costituiscono una preziosa risorsa contro i rischi ricorrenti di chiusure e intolleranze. La democrazia rimane però per lo più relegata nei confini nazionali ed è quindi debole di fronte a fenomeni di dimensione globale come il drammatico deterioramento dell’ambiente e del clima, il terrorismo e i conflitti internazionali, dinamiche demografiche squilibrate, flussi migratori difficilmente controllabili, grandi disuguaglianze tra diverse aree del mondo, abusive ingerenze di interessi econo- mici che minano la sovranità di paesi deboli e ne ostacolano lo sviluppo economico e civile.

Il XX secolo, insieme a tante straordinarie conquiste, ci ha consegnato un modello di sviluppo che condanna milioni di persone e intere aree del pianeta alla povertà e che, se non subirà modifiche radicali, renderà la terra invivibile. Un modello di sviluppo che compromette la libertà delle nuove generazioni e su cui dunque la politica deve intervenire. Di fronte a sfide così impegnative, tutte le tradizionali famiglie politiche del centrosinistra europeo faticano a trovare, da sole, risposte adeguate. Solo da una comune ricerca può nascere quel pensiero nuovo di cui abbiamo bisogno per capire e governare i grandi cambiamenti nei quali siamo immersi. È per questo che vogliamo costruire un partito nuovo, di donne e di uomini, che superi definitivamente le barriere ideologiche che nel secolo scorso hanno diviso le forze riformatrici e aiuti l’Italia a guardare con fiducia al secolo che è appena iniziato. Con il Partito democratico intendiamo portare a compimento un percorso iniziato da più di dieci anni, con la feconda intuizione dell’Ulivo.

Vogliamo anche contribuire a rinnovare la politica europea, dando vita, con il Pse e le altre componenti riformiste, ad un nuovo vasto campo di forze, che colmi la carenza di indirizzo politico sulla scena continentale. E intendiamo concorrere a costruire nel mondo una nuova alleanza tra tutti quelli che vogliono fare della globalizzazione una opportunità per molti piuttosto che l’occasione per rafforzare il potere e la ricchezza di pochi.

Ci riconosciamo nei valori di libertà, uguaglianza, solidarietà, pace, dignità della persona che ispirano la Costituzione repubblicana e nell’impegno a farli vivere in Europa e nel mondo. Questi valori discendono dai molti affluenti della cultura democratica europea. Hanno le loro radici più profonde nel cristianesimo, nell’illuminismo e nel loro complesso e sofferto rapporto. Traggono alimento sia dal pensiero politico liberale, sia da quello socialista, sia da quello cattolico democratico. Sono maturati nella dialettica tra queste diverse tradizioni e dal confronto con le sfide proposte dalle culture ambientalista, dei diritti civili e della libertà femminile, oltre che nella condanna delle ideologie e dei regimi totalitari del novecento. Sono anche frutto di una lunga sequenza di conflitti, basati su appartenenze religiose o di classe, e di tragici errori. Oggi possiamo considerare alle nostre spalle quei conflitti e quegli errori. Oggi sono i valori che ci uniscono e gli obiettivi comuni che intendiamo realizzare a definire la nostra identità politica.

Per questo, oggi, noi, i democratici, possiamo proporre, assieme, un progetto forte e credibile per rinnovare l’Italia e costruire l’unità dell’Europa.

L’Italia, una nazione d’Europa

Noi democratici pensiamo l’Italia come una grande nazione d’Europa. Una comunità culturale e politica fondata sui valori democratici della Costituzione e sulla capacità di arricchire le proprie radici nell’incontro e nel dialogo con altre culture e altri popoli. Noi democratici vogliamo l’unità dell’Europa. Un’Europa politica, dotata di una sua Costituzione, e non un semplice mercato comune. Un’Europa capace di promuovere il proprio sviluppo e di valorizzare il proprio modello sociale. Un’Europa che favorisca l’autogoverno responsabile delle sue comunità e l’unificazione della sua società civile intorno ai principi della democrazia, del dialogo culturale, della partecipazione e dell’inclusione. Un’Europa capace di parlare con una voce sola sulla scena internazionale e di dare alla imprescindibile solidarietà transatlantica con gli Stati Uniti d’America un carattere paritario.

Un’Europa impegnata, in primo luogo insieme alle altre grandi democrazie, nella costruzione di un ordine mondiale fondato su istituzioni multilaterali. Un’Europa consapevole che ciò è condizione per combattere efficacemente le povertà, salvaguardare gli equilibri ambientali sulla linea già espressa con gli accordi di Kyoto, promuovere la democrazia, i diritti umani e il dialogo tra le culture, rifiutando la logica dello «scontro di civiltà». Un’Europa potenza civile, che sappia, anche con una comune politica di difesa, dare il proprio contributo per garantire e preservare la pace nel mondo e combattere il terrorismo fondamentalista con la forza e gli strumenti della legalità internazionale. È interesse nazionale dell’Italia valorizzare, in Europa, la sua vocazione mediterranea, tanto più a seguito dell’impetuoso sviluppo dell’Asia. Come principale proiezione dell’Europa nel Mediterraneo, l’Italia può svolgere una funzione politica, economica e culturale di primaria importanza, ed affrontare in forme nuove e più efficaci lo storico squilibrio tra il Nord del Paese e il
nostro Mezzogiorno.

Noi vogliamo che l’Europa, in particolare grazie all’Italia, operi per trasformare il Mediterraneo da epicentro dei conflitti mondiali a luogo privilegiato del dialogo e della collaborazione tra popoli, culture, religioni, impegnandosi in primo luogo per garantire la sicurezza di Israele e il diritto dei palestinesi ad uno stato pacifico e democratico, per favorire l’ingresso della Turchia nell’Unione europea, per la stabilizzazione dei Balcani e la loro piena inclusione nella casa comune europea. Noi vogliamo un’Italia più libera, più giusta e più prospera. Per questo intendiamo partecipare allo sviluppo del modello sociale europeo, rilanciandone i due principi ispiratori di fondo: la valorizzazione dell’iniziativa, dei talenti e dei meriti; la promozione di un tessuto sociale solidale, attento al benessere di tutti, in cui nessuno si perda o resti indietro. Vogliamo investire nella produzione e nella diffusione delle conoscenze. Vogliamo un’Italia più capace di fare sistema, di darsi obiettivi condivisi e perseguire un disegno comune. E pensiamo che sia necessario un profondo cambiamento del nostro sistema produttivo, sia incentivando l’innovazione e la crescita delle imprese, sia valorizzando i talenti custoditi nelle pieghe del nostro variegato territorio, nel fitto tessuto delle comunità locali che da sempre alimentano la nascita di nuove imprese e la nostra grande tradizione artigianale.

Dobbiamo coltivare il capitale umano, il senso civico e la coesione sociale, senza i quali i nostri distretti industriali non sarebbero mai decollati e la vocazione turistica di tanta parte del nostro paese verrebbe sprecata. Noi vogliamo un’Italia più unita, più omogenea sul piano economico e sociale. Per questo mettiamo al centro della nostra azione il Mezzogiorno. Dobbiamo assolutamente cogliere, come nazione, l’opportunità di farne il principale raccordo che, attraverso il Mediterraneo, unisca l’Europa e l’Asia. In questo quadro, la predisposizione di adeguate piattaforme logistiche, infrastrutture di comunicazione e reti telematiche, è fondamentale per attrarre stabilmente capitali e iniziative imprenditoriali. A questo fine vogliamo chiamare a raccolta tutte le migliori energie della nazione, per un progetto che richiede ingenti risorse economiche, ma soprattutto un impegno straordinario per riformare profondamente il settore pubblico, per combattere inefficienze, favoritismi, corruzione e mettere in moto le grandi riserve di ingegno di cui il Mezzogiorno è ricco.

Noi democratici vogliamo che l’Italia dia ad ogni persona uguali opportunità di affermarsi grazie alle proprie capacità, alla creatività, al merito. Vogliamo un paese che premi le persone in base al loro lavoro e alla loro capacità di creare opportunità di lavoro per altri, più che in base alle eredità e alle rendite. La competenza, l’operosità, l’ingegno, la fatica, la capacità di creare imprese com- petitive devono essere concretamente riconosciute e apprezzate, in tutti i campi e ad ogni livello. Per questo combattiamo le rendite corporative, la gerontocrazia, il nepotismo, che bloccano l’innovazione, ritardano l’assunzione di responsabilità da parte dei giovani, mortificano e sprecano i migliori talenti del nostro paese. Per questo ci battiamo perché si affermi il principio di responsabilità, in base al quale il primario ospedaliero incapace, il dirigente pubblico inefficiente, l’imprenditore che non è in grado di stare correttamente sul mercato, il lavoratore dipendente inoperoso, devono essere adeguatamente sanzionati e fare un passo indietro, a vantaggio di persone più meritevoli e capaci.

Per questo non smetteremo mai di indignarci di fronte alla pervicace mancanza di fiducia nella capacità di pensiero e di progetto delle donne, avvertibile in tutti i settori della società, dal lavoro alla vita privata. Su questo tema colpisce la distanza culturale che ci separa dagli altri paesi europei. Una società che si dica civile deve mutare a fondo l’atteggiamento culturale verso la donna, attuando una rappresentazione mediatica meno arretrata, stereotipata e discriminatoria, attraverso iniziative di formazione, codici deontologici e leggi. Per questo ci impegniamo a dare valore alle differenze, a realizzare compiutamente le pari opportunità, rendendo effettivo quanto finora è rimasto troppo spesso scritto sulla carta.

Noi democratici siamo convinti che l’Italia abbia bisogno di una cura straordinaria di concorrenza nei mercati e di efficienza nel settore pubblico. Una cura necessaria sia per liberare le energie che servono a rilanciare lo sviluppo, sia per promuovere un maggior riconoscimento del merito, una più forte mobilità sociale, una più avanzata uguaglianza delle opportunità. Più concorrenza, anzitutto.

Le imprese non devono essere assistite, protette o guidate, ciò che le deresponsabilizza e le espone a rapporti opachi con la politica. Hanno bisogno di buoni servizi, di energia a costi ragionevoli, di un carico fiscale non superiore a quello degli altri paesi europei, di reti infrastrutturali moderne, siano esse pubbliche o private. E di sanzioni efficaci in caso di abuso di posizione dominante o di altri comportamenti illeciti.

L’Italia ha anche bisogno di una pubblica amministrazione più efficiente, che produca da un lato migliori servizi per le imprese e renda effettivi i diritti dei cittadini, specie di quelli con minori risorse e capacità di relazione; dall’altro consenta di recuperare le grandi capacità di lavoro esistenti nel settore pubblico, oggi mortificate dalle intrusioni della politica, dal mancato riconoscimento dei meriti, dall’assenza di sanzioni per chi non si impegna.

Ma vogliamo anche che il nostro diventi un Paese più giusto, in cui il benessere sia diffuso. Siamo convinti che senza coesione non c’è sviluppo. Per questo non smetteremo mai di lottare per l’uguaglianza, contro la povertà e l’emarginazione. Per noi ogni persona ha diritto ad una buona formazione, alle cure migliori, ad un reddito adeguato. Per noi il lavoro è il cardine di una vita attiva e autonoma, strumento di realizzazione e di liberazione dal bisogno. Pensiamo ai lavori al plurale, a quello nella produzione e nei servizi, al lavoro di cura e a quello volontario; al lavoro che assorbe, che manca, che si perde e diventa troppo spesso dramma umano e fa miliare. L’impegno per una piena e buona occupazione è un cardine della nostra azione. Riteniamo importante promuovere tutti i lavori, anche nelle forme nuove, flessibili e autonome; ma vogliamo che la flessibilità non sia pagata con la precarietà e con le intollerabili insicurezze di oggi. Vogliamo tagliare le con- venienze al lavoro nero e sommerso, che produce sfruttamento e favorisce la piaga intollerabile delle «morti bianche».

Vogliamo che le tutele non riguardino più solo il posto di lavoro, ma anche la capacità dei lavoratori di stare sul mercato. Non accettiamo che maternità, cura della malattia, studio e riqualificazione siano visti come incidenti deprecabili e non come benefici per la società intera.

Per questo assegniamo un ruolo centrale alla formazione di qualità lungo l’intero arco della vita e intendiamo legare i redditi di disoccupazione allo svolgimento di attività formative e alla disponibilità al lavoro. Alla questione salariale che è aperta nel nostro paese, vogliamo ricercare risposte che premino il merito e la fatica. Vogliamo democrazia nei luoghi di lavoro, corrette relazioni sindacali, partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori.

Noi democratici vogliamo rifondare il nostro stato sociale, che tende a offrire tutele solamente a chi ha o ha avuto un lavoro stabile lasciando gli altri indifesi, in primo luogo i giovani e le donne.

Vogliamo ridisegnarlo in funzione del lavoro, delle giovani generazioni e della mobilità sociale. Vogliamo uno stato sociale universalistico, quanto alla platea dei destinatari; selettivo, in base ai bisogni, nelle prestazioni; equo, in base ai redditi familiari, nella contribuzione. Proponiamo un modello attivo di stato sociale che non si limiti a proteggere dai rischi ma stimoli la crescita delle opportunità personali e sociali attraverso servizi di qualità e integrati sul territorio. In particolare, dobbiamo colmare storiche carenze nei servizi per l’infanzia, i disabili e gli anziani non autosufficienti.

Sappiamo che la prosperità dell’Europa, e dell’Italia in particolare, dipenderanno dalla nostra capacità di sviluppare conoscenze evolute ed idee creative, di puntare sull’innovazione e la qualità dei nostri prodotti, valorizzando al meglio la straordinaria sedimentazione di competenze, gusto, cultura che proviene dall’ambiente in cui viviamo e dalla nostra storia. Secondo noi si deve quindi investire di più nell’istruzione, nella ricerca e nell’arte, sapendo che la cultura è elemento costitutivo della civiltà europea e non uno mero strumento per la produzione.

Vogliamo assicurare un futuro alla cultura italiana favorendo la piena internazionalizzazione della nostra comunità scientifica, spesso segnata da eccessivo provincialismo. Vogliamo rafforzare e sviluppare un forte sistema pubblico di Università e centri di ricerca di eccellenza, affermando il principio dell’autonomia, della competizione tra le strutture sulla base di una valutazione rigorosa dei risultati, del rinnovamento generazionale su basi meritocratiche del corpo docente.
Crediamo in una scuola inclusiva, sempre più integrata in un sistema europeo della formazione, che garantisca effettivamente le pari opportunità, che valorizzi le differenze e che contribuisca a costruire un’etica pubblica condivisa intorno ai principi della Costituzione.

È nella scuola che si innestano le radici della cultura democratica e civile indispensabile ad una convivenza sempre più multiculturale. Anche con la scuola si previene il teppismo, la violenza e il razzismo. Per questo vogliamo restituire prestigio agli insegnanti. Vogliamo sostenere un sistema scolastico pubblico integrato (statale e non statale) che garantisca una elevata soglia di qualità ai percorsi formativi ed escluda i diplomifici.
Nel campo dell’istruzione superiore vogliamo dare un sostegno effettivo ai «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi», di cui parla la Costituzione, perché possano studiare in centri di eccellenza di livello internazionale ed acquisire quella cultura cosmopolita che serve alla classe dirigente di un grande paese come l’Italia.

Vogliamo rilanciare l’industria culturale e della comunicazione italiana, essendo consapevoli che i media oggi costituiscono un settore strategico sia come veicolo di informazione e cultura sia come opportunità di lavoro altamente qualificato.

Questo settore nel nostro Paese è oggi più di altri ingessato a causa di una limitata concorrenza, ed in particolare a causa del carattere oligopolistico del mercato pubblicitario e televisivo che va a nostro avviso superato.

Non possiamo limitarci ad acquistare contenuti se non vogliamo condannarci da un lato alla subalternità culturale e dall’altro a stare fuori da una delle più importanti industrie globali. Il cinema italiano è stato tra i protagonisti della cultura del Novecento. È noto che il «racconto» è il cuore dell’identità culturale di un Paese e noi vogliamo che sopravviva e si diffonda. È importante, oltre che economicamente strategico, restituirgli il suo ruolo nella cultura internazionale. A questo fine, non pensiamo a pratiche protezionistiche quanto ad incentivi per le coproduzioni europee che siano in grado di stare sul mercato mondiale. Vogliamo che la musica, il teatro e le altre forme di espressione artistica siano parte integrante della formazione culturale e abbiano quindi l’attenzione e il sostegno necessari. Vogliamo reagire allo scadimento della proposta televisiva puntando sulla qualità dei contenuti e l’obiettività dell’informazione, a cominciare dal servizio radiotelevisivo pubblico.

Vogliamo un giornalismo della carta stampata libero da condizionamenti e interessi di impresa estranei all’attività editoriale. Vogliamo promuovere la libera circolazione dei prodotti dell’ingegno, anche attraverso le nuove forme di scambio rese possibili dalle tecnologie informatiche, se prive di fini di lucro, che consideriamo un fondamentale fattore di libertà, di eguaglianza e di diffusione della conoscenza.

Nel progettare l’Italia di domani, non possiamo peraltro dimenticare che essa viene ogni giorno resa migliore dallo spirito di sacrificio di milioni di immigrati. Noi crediamo che siano necessari un sistema di programmazione degli ingressi realistico, ed una politica repressiva efficace per contrastare l’immigrazione illegale, per reprimere i trafficanti e gli sfruttatori, per punire chi si arricchisce con il lavoro nero. Ma vogliamo anche una politica dell’accoglienza che garantisca i diritti dei lavoratori stranieri e che, facendo questo, tuteli nei fatti anche i lavoratori italiani. Vogliamo norme e procedure chiare che consentano agli immigrati onesti di dormire tranquilli, di essere rispettati e fare progetti per la loro vita.

Diciamo chiaramente che lo straniero che condivide i valori della nostra Costituzione, che è inserito nel nostro paese e contribuisce alla nostra vita sociale deve avere la possibilità, se lo desidera, di diventare italiano. Diciamo chiaramente che le centinaia di migliaia di bambini stranieri nati in Italia, che frequentano le stesse scuole, parlano la stessa lingua e nutrono gli stessi sogni dei nostri figli sono italiani a tutti gli effetti e come tali devono essere riconosciuti di diritto.
Diciamo chiaramente che i talenti di questi bambini non devono andare sprecati, a loro spettano le stesse opportunità di qualsiasi altro bambino italiano.

L’Italia deve irrobustire la cultura e la pratica della legalità. Per questo vogliamo una magistratura responsabile e indipendente, secondo i principi della Costituzione, e una giustizia efficiente, capace di assicurare l’attuazione del diritto in tempi ragionevoli. L’Italia deve liberarsi dalla mafia e dalle forme deviate di esercizio del potere politico e burocratico, che hanno costituito in alcune aree del Paese vere e proprie «strutture di dipendenza», e tengono soggiogata la società civile, distorcendo i rapporti tra cittadini e istituzioni. Vogliamo uno Stato impegnato a difendere i cittadini da tutte le forme di criminalità, anche quelle che sembrano meno gravi, ma colpiscono duramente la libertà e la sicurezza di tante persone, soprattutto le più deboli. Per questo siamo profondamente grati a chi opera nelle forze dell’ordine con professionalità, senso delle istituzioni e spirito di sacrificio.

Contro la prepotenza degli interessi particolari, più forte quando le istituzioni sono deboli, vogliamo preservare l’autorevolezza dei poteri pubblici e la loro effettiva capacità di esprimere una efficace funzione redistributiva e regolatrice. D’altro canto non riteniamo che l’intervento pubblico debba essere necessaria- mente affidato ad istituzioni statali e siamo convinti dell’importanza della sussidiarietà. Pensiamo che in molti settori, dalla formazione professionale all’istruzione, dalle politiche sociali alla promozione dello sviluppo economico, alla tutela del nostro patrimonio storico-culturale e ambientale, l’intervento pubblico, debba valorizzare la voce e il ruolo delle comunità locali, delle imprese, delle associazioni economiche, del volontariato e delle famiglie.

Per rafforzare la democrazia abbiamo bisogno di istituzioni adeguate, ma anche di classi dirigenti responsabili, così come di una concezione matura della cittadinanza, alimentata dalla consapevolezza da parte di ciascuno dei propri diritti e dei propri doveri, da un rinnovato senso dello stato, da una chiara, diffusa responsabilità per il bene comune, da una più solida etica pubblica, da un sincero patriottismo costituzionale.
Noi democratici riconosciamo il fondamentale valore della Costituzione come patrimonio comune di tutto il Paese, che il referendum del giugno 2006 ha contribuito a radicare nella coscienza degli italiani. Per rendere le nostre istituzioni democratiche più solide secondo noi è necessario completare la riforma federale dello Stato, attuandone gli aspetti più innovativi, tra cui il federalismo fiscale, e correggendo le disposizioni che si sono rivelate portatrici di conflitti e di incertezze.

Abbiamo bisogno di governi stabili e autorevoli, così come abbiamo bisogno di un Parlamento formato da un numero di componenti più ridotto e più efficiente nelle modalità di lavoro, più rappresentativo non solo dei territori ma anche dei generi. Noi pensiamo ad una Camera titolare dell’indirizzo politico e della funzione legislativa. E ad un Senato che costituisca la sede di rapporti collaborativi tra lo Stato e gli altri soggetti istituzionali che compongono la Repubblica, che concorra paritariamente all’approvazione delle modifiche alla Costi- tuzione e che abbia il potere di richiamo delle leggi approvate dalla Camera, con la funzione di suggerire correzioni e miglioramenti.

Vogliamo una legge elettorale per il Parlamento nazionale che stabilisca un chiaro rapporto fra l’eletto, il territorio e gli elettori, contrasti la frammentazione partitica e favorisca l’evoluzione del sistema politico italiano verso una compiuta democrazia dell’alternanza. E pensiamo che alle stesse finalità si debbano ispirare tutte le norme che incidono sulla rappresentanza, come i regolamenti parlamentari o la legislazione sul finanziamento della politica.

Al centro del nostro impegno politico non c’è una astratta ideologia ma ci sono le persone, le loro necessità materiali, intellettuali e spirituali, la loro naturale aspirazione al benessere e alla libertà, i loro diritti. Non ci piacciono invece la cultura, la mentalità e le politiche che puntano solo al vantaggio egoistico e all’arricchimento individuale. I progetti dei singoli, nella società che vogliamo, sono progetti di persone aperte agli altri, che affermano diritti ma anche ricono- scono doveri. La società che vogliamo riconosce il valore e coltiva l’etica del lavoro, attraverso cui le persone mettono alla prova la loro responsabilità e i loro talenti.

È una società intessuta da un denso reticolo di associazioni no profit e di volontariato. La società che vogliamo riconosce il valore e favorisce la formazione della famiglia, dentro cui le persone mettono alla prova la solidarietà e il reciproco rispetto tra i generi e le generazioni. Abbiamo d’altro canto ben chiari i limiti della politica, non crediamo nella onnipotenza dello Stato, difendiamo la sua laicità, abbiamo a cuore la difesa dei diritti civili e lottiamo contro tutte le discriminazioni. Secondo noi la politica e la legge devono intervenire con cautela sui temi che hanno a che fare con la scienza e la tecnica in riferimento alla vita umana, al suo inizio, alla sua fine e alla sua riproduzione.
Si tratta di questioni che vanno acquisendo una rilevanza centrale nel dibattito pubblico, perché sollevano inediti e radicali interrogativi di natura etica, che sfidano l’intelligenza e la coscienza. Noi riteniamo che solo il dialogo tra diverse visioni religiose, etiche e culturali può portare a soluzioni normative ragionevoli e condivise, rispettose del criterio irrinunciabile della di- gnità della persona umana e capaci di far incontrare il valore della libertà di ri- cerca e di scelta col principio per cui non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente lecito.

Noi concepiamo la laicità non come un’ideologia antireligiosa e neppure come il luogo di una presunta e illusoria neutralità, ma come rispetto e valorizzazione del pluralismo degli orientamenti culturali e dei convincimenti morali, come ri conoscimento della piena cittadinanza – dunque della rilevanza nella sfera pubblica, non solo privata – delle religioni. Le energie morali che scaturiscono dall’esperienza religiosa, quando riconoscono il valore del pluralismo, secondo noi rappresentano infatti un elemento vitale della democrazia.

E la laicità dello Stato, così come sancita dalla Costituzione, è garanzia che ogni persona sia rispettata nelle sue convinzioni più profonde e al tempo stesso si possa piena- mente integrare nella comunità nazionale.
In questo quadro, riteniamo che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica siano stati validamente definiti dalla Costituzione e che ogni sviluppo di quei rapporti debba muoversi nel solco fis- sato dalla stessa Carta costituzionale.

L’Ulivo, il nostro partito

Per dare corpo a questo progetto serve un partito nuovo, un grande Partito democratico, che rinnovi la politica italiana, il suo costume, i suoi comportamenti. Un partito che aiuti la società italiana a trovare una sintesi, ad andare oltre i localismi e le chiusure corporative che impoveriscono il nostro presente e mettono a repentaglio il nostro futuro.

Serve un grande partito democratico che dia all’Italia governi stabili e un forte impulso riformatore. Per oltre un decennio questo progetto è stato coltivato all’ombra di un sentimento che ci accomuna e di un simbolo che ci rappresenta: l’Ulivo, il simbolo del nostro radicamento nella società italiana e della solidità dei nostri valori, dell’orgoglio di un’Italia operosa, del suo buon vivere, di un’Italia nazione d’Europa nel cuore del Mediterraneo, della nostra aspirazione alla fratellanza e alla pace.
Sottoscrivendo questo manifesto ci impegniamo a lavorare con piena convinzione, determinazione e lealtà per fare, a tutti gli effetti, entro la fine del 2008, dell’Ulivo il Partito dei democratici, il nostro partito.

Sottoscrivendo questo manifesto, ce ne sentiamo e ne siamo già parte. Sottoscrivere questo manifesto e versare una quota minima, saranno condizioni per partecipare, sulla base del principio «una testa un voto», alla formazione degli organi costituenti, secondo le regole definite in modo consensuale dal coordinamento dell’Ulivo. Ci impegniamo a lavorare con passione per costruire un partito di popolo, radicato e diffuso sul territorio, capace di rendere partecipati e condivisi i processi di riforma. Un partito che riconosca e rispetti il pluralismo delle organizzazioni sociali, che riconosca e rispetti la distinzione tra la sfera dell’intrapresa economica privata e la sfera dell’azione politica. Un partito che riconosca e rispetti il pluralismo delle posizioni che maturano al suo interno ma che rimanga sempre capace di identificare una linea programmatica comune e di portarla avanti in maniera coesa e coerente nelle istituzioni. Ci impegniamo a costruire un partito che, sin dalla sua fase fondativa, sia aperto alla partecipazione di una larga platea di cittadini, ed affidi al loro voto, diretto e segreto, la scelta della leadership.

Un partito capace di parlare al paese con una voce autorevole, che proponga il suo leader alla guida del Governo della nazione, un partito che affidi al metodo delle primarie la scelta delle candidature alle massime cariche di governo nelle Regioni e negli Enti locali.
Ci impegniamo a costruire un partito a rete, che preveda molteplici opportunità di adesione e di impegno, che assuma le differenze di genere, di ispirazione culturale, di interesse sociale e professionale. Un partito organizzato su base federale, che preveda una ampia autonomia regionale e territoriale. Per noi, i democratici, la politica è prima di tutto servizio, è una nobile forma di amore per il prossimo e per il nostro paese. Per questo vogliamo riscattarne il valore, difendendolo dalle degenerazioni affaristiche, dalle manipolazioni delle procedure democratiche, dalle oligarchie inamovibili, restituendo fiducia alle tante persone che sono disposte a impegnarsi per passione civile, in forma volontaria e a proprie spese.

Sappiamo che la politica, soprattutto quando implica l’assunzione di responsabilità istituzionali, richiede straordinarie doti di dedizione, talento e competenza. Attitudini che in larga misura maturano nella società e che, dentro un grande partito democratico, devono essere coltivate attraverso l’esperienza, la formazione e la ricerca. Al tempo stesso sappiamo che la politica può essere o apparire, per chi la pratica, fonte di privilegi personali inaccettabili, e può conferire posizioni di potere che si auto-perpetuano.

Noi crediamo quindi che, quando l’attività politica si svolge nelle istituzioni, deve poter godere del massimo rispetto ma deve anche essere sottoposta a stringenti forme di rendiconto, oltre che ad un periodico ricambio. Per questo nel nostro partito la partecipazione alla vita interna, l’assunzione delle candidature e degli incarichi, così come le nomine di competenza politica in enti ed istituzioni pubbliche, saranno regolate da un rigoroso codice deontologico e da norme statutarie che, ad ogni livello organizzativo e in ogni ambito istituzionale, stabiliscano un limite al rinnovo dei mandati. Il Partito democratico fa propria la norma antidiscriminatoria sulla rappresentanza minima del 40% per ciascuno dei due generi.
Siamo ben consapevoli che dando vita al Partito democratico realizziamo un cambiamento di portata storica.

Con la trasformazione dell’Ulivo in un partito superiamo definitivamente la prima lunga stagione della vita repubblicana e creiamo un soggetto destinato a segnare il profilo della politica italiana ed europea nel secolo che è appena iniziato. Abbattiamo definitivamente i muri ideologici del novecento e cominciamo a costruire ponti, tra culture politiche e setto ri della società italiana, tra i generi e le generazioni. Apriamo strade nuove per il futuro del nostro Paese.

Continua